Fusione degli Aeroporti in Sardegna: Una Mossa Politica Mascherata da Disaccordo?

L’editoriale di Fausto Farinelli

L’annuncio della fusione tra gli aeroporti di Alghero e Olbia in Sardegna ha scatenato una serie di manovre politiche complesse e oscure. Antonio Moro, assessore ai trasporti del Partito Sardo d’Azione, ha manifestato il suo dissenso, ma la sua reazione tardiva solleva interrogativi sulla genuinità delle sue obiezioni.

L’annuncio di una possibile fusione degli aeroporti di Alghero e Olbia ha acceso le luci della ribalta sulla politica sarda, mostrando una guerra di posizioni che, a un esame più attento, potrebbe essere solo una finzione. Un gioco di potere in cui i cittadini sardi sono gli spettatori inconsapevoli, mentre le decisioni importanti vengono prese lontano da loro.

Antonio Moro, assessore ai trasporti del Partito Sardo d’Azione, è salito sul ring politico per esprimere dubbi sulla fusione, ma la sua tardiva reazione solleva dubbi. Perché soltanto adesso la Regione si fa sentire? È possibile che questa presa di posizione sia stata orchestrata solo per dare l’impressione di un disaccordo, per “darla a bere” ai cittadini sardi?

Esponenti politici di spicco, soprattutto del Partito Sardo d’Azione, sostengono che le decisioni riguardanti la fusione degli aeroporti siano già state prese a Roma, lontano dalle coste della Sardegna. Se così fosse, la querelle politica locale servirebbe solo a mascherare i giochi di potere dietro le quinte, a spese dei cittadini sardi che, ancora una volta, si trovano a subire le decisioni prese altrove.

Il Presidente Solinas, Antonello Cabras, presunto prossimo candidato a governatore, e Maurizio De Pascale, rappresentante della Camera di Commercio di Cagliari, sembrano osservare la scena in silenzio. Sono davvero spettatori passivi o piuttosto attori di un copione già scritto?

F2i ha già espresso la sua intenzione di procedere con la fusione, lasciando Moro in una posizione delicata. Questo potrebbe rappresentare un suicidio politico per l’assessore o, ancora peggio, un omicidio politico ben orchestrato.

Questa contesa politica rischia di oscurare le reali implicazioni di una fusione aeroportuale per la Sardegna e i suoi cittadini. Mentre i giochi di potere si svolgono lontano da loro, i sardi hanno bisogno di trasparenza e di un dibattito serio e onesto sul futuro dei loro aeroporti. Solo in questo modo possono sperare di non essere semplici spettatori, ma protagonisti attivi delle decisioni che influenzeranno il loro futuro.




Inflazione: un vantaggio per le aziende che aumentano i prezzi e si “dimenticano” di abbassarli – numeri e percentuali alla luce del sole

L’editoriale di Fausto Farinelli

L’inflazione è come un palloncino che si gonfia lentamente nel tempo. Immagina l’economia come un palloncino pieno d’aria. All’inizio, quando il palloncino è piccolo e non molto gonfio, tutto sembra funzionare bene e il valore del denaro rimane stabile. Tuttavia, man mano che il palloncino si gonfia, le cose iniziano a cambiare.

Il palloncino che si espande rappresenta la crescita dei prezzi dei beni e dei servizi nel tempo. Come un palloncino che diventa più grande e teso, l’economia inizia a sentire la pressione dell’inflazione. Il denaro perde valore, e ciò che un tempo poteva essere acquistato con una certa somma di denaro ora richiede una quantità maggiore per essere ottenuto.

Se il palloncino si gonfia troppo e troppo rapidamente, diventa instabile e a rischio di scoppiare, proprio come un’economia con inflazione elevata e incontrollata può portare a crisi finanziarie e instabilità. Al contrario, se il palloncino si mantiene a una dimensione moderata e controllata, l’economia può continuare a funzionare senza problemi e il valore del denaro rimane relativamente stabile.

L’inflazione è simile al processo di gonfiaggio di un palloncino: se controllata e mantenuta a un livello sostenibile, l’economia può prosperare, ma se si lascia che il palloncino si gonfi eccessivamente, può portare a problemi e instabilità nel sistema economico.

Economisti di tutto il mondo hanno espresso pareri diversi sulla lotta all’inflazione. Ecco alcuni dei loro pensieri:

  1. Paul Krugman, premio Nobel per l’Economia, sostiene che una moderata inflazione può essere utile per l’economia, in quanto stimola la spesa e l’investimento. Tuttavia, avverte che l’inflazione elevata e incontrollata può avere conseguenze negative e che i governi dovrebbero essere pronti ad agire per controllarla.
  2. Thomas Piketty, economista francese e autore del best-seller “Il capitale nel XXI secolo”, afferma che per combattere l’inflazione è necessario affrontare le disuguaglianze di reddito e di ricchezza. Secondo Piketty, una distribuzione più equa della ricchezza può aiutare a ridurre l’inflazione e promuovere una crescita economica più sostenibile.
  3. Christine Lagarde, ex direttrice del Fondo Monetario Internazionale e attuale Presidente della Banca Centrale Europea, enfatizza l’importanza di una politica monetaria prudente e responsabile nella lotta all’inflazione. Sottolinea che le banche centrali devono bilanciare attentamente le misure di stimolo economico con il controllo dell’inflazione per garantire la stabilità dell’economia.
  4. Raghuram Rajan, ex Governatore della Reserve Bank of India, sostiene che una combinazione di politiche monetarie e fiscali è necessaria per combattere l’inflazione. Rajan afferma che i governi devono concentrarsi sulla promozione della crescita economica e della produttività, oltre a mantenere la stabilità dei prezzi.
  5. Janet Yellen, ex Presidente della Federal Reserve degli Stati Uniti, ritiene che una politica monetaria accomodante possa essere utile per combattere l’inflazione, purché sia monitorata attentamente e non provochi bolle speculative. Yellen sottolinea l’importanza della comunicazione chiara da parte delle banche centrali riguardo alle loro intenzioni e alle loro azioni per gestire l’inflazione.

Gli economisti mondiali concordano sulla necessità di combattere l’inflazione e di mantenere la stabilità dei prezzi. Tuttavia, vi sono diverse opinioni su quali strumenti e politiche siano più efficaci per raggiungere questo obiettivo. Le strategie proposte spaziano dalla promozione della crescita economica e della produttività alla riduzione delle disuguaglianze, e dall’utilizzo di politiche monetarie e fiscali prudenti alla comunicazione chiara da parte delle banche centrali.

Una storiella per spiegare cosa sta accadendo….

L’economia, illuminata dalla luce del sole, mostrava chiaramente la cruda realtà dell’inflazione. Le imprese approfittavano dell’aumento dei prezzi e si “dimenticavano” di ridurli quando la situazione economica migliorava.

Nel corso dell’ultimo anno, l’inflazione era aumentata del 4,5%, un dato preoccupante se si considera che il tasso di crescita ideale si aggira intorno all’1-2%. Alcuni settori, come i beni di prima necessità e i servizi essenziali, erano più colpiti, con aumenti dei prezzi fino al 6%. Le famiglie si trovavano a dover affrontare un calo del potere d’acquisto del 3%, mettendo a dura prova la loro capacità di far fronte alle spese.

Le grandi aziende che alzavano i prezzi beneficiavano di un aumento dei profitti del 10-15%. Al contrario, le piccole imprese e gli imprenditori indipendenti si trovavano spesso a lottare, con una diminuzione del fatturato del 5-10%.

I governi e le autorità monetarie erano consapevoli di questa situazione e avevano introdotto politiche e misure per contrastare l’inflazione, come l’aumento dei tassi d’interesse al 2,5% e la riduzione del deficit pubblico del 4%. Tuttavia, queste soluzioni spesso si rivelavano temporanee, e la lotta contro l’inflazione proseguiva.

Per adattarsi a questa realtà, i cittadini cercavano di ridurre le spese non essenziali del 7-10% e di risparmiare il 5% del reddito disponibile. Alcuni optavano per l’autoproduzione o il baratto, aumentando queste pratiche del 3%, mentre altri cercavano opportunità di guadagno supplementari, con un incremento del 2% nelle attività secondarie.

La speranza, tuttavia, non era perduta. In mezzo alla tempesta, alcuni individui e organizzazioni cercavano di trovare soluzioni innovative e sostenibili per affrontare l’inflazione. Se avessero lavorato insieme con determinazione e creatività, forse avrebbero potuto trovare un modo per domare il mostro dell’inflazione e garantire un futuro più stabile per tutti, con un tasso di inflazione più vicino al desiderato 1-2%.




Alghero, tra passato glorioso e rinascita: la riqualificazione dell’ex Cavall Marì come simbolo di un’era d’oro. I pareri di Tedde, Lubrano, Barbieri, Costantino, Sechi.

L’editoriale di Fausto Farinelli



L’amministrazione guidata dal sindaco Conoci ha recentemente manifestato l’intenzione di riqualificare e mettere a bando i locali dell’ex Cavall Marì, l’antico chalet sul lungomare Dante ad Alghero. Questa decisione rientra in un progetto più ampio di valorizzazione del patrimonio storico e culturale della città, puntando sulla rivalutazione di un’area che un tempo era fulcro dell’intrattenimento e del turismo locale.

Il passato di Alghero è costellato di momenti di prestigio e di grande vitalità turistica. Tra gli anni ’50 e ’70, la città era considerata la punta di diamante del turismo sardo, grazie alla sua vivace economia e alle strutture alberghiere di qualità. In quel periodo, numerosi locali notturni e di intrattenimento sorsero per rendere il soggiorno dei turisti ancora più piacevole e interessante.

Uno dei luoghi simbolo di quell’epoca è il lungomare Dante, con il suo storico chalet “Al Cavallino Bianco”, trasformato negli anni ’50 in “la Casa del forestiero”. Questa struttura, realizzata dall’Azienda Autonoma di Soggiorno e Turismo di Alghero, mirava a sostenere la crescita turistica e a incentivare l’imprenditoria locale.

Fu negli anni ’60 che il locale cambiò ancora volto, diventando il noto night club “El Fuego”. Grazie all’intuizione di un imprenditore turistico sanremese Nereo Truffo, questo locale divenne un simbolo dello svago e del divertimento, richiamando visitatori da tutta la Sardegna e oltre. Alghero by night divenne un fenomeno tanto amato dai giovani algheresi e dai turisti, che affollavano i locali più rinomati come la Siesta, la Bardana, il Whisky a Go-Go, il ManPea e pochi altri.

Tuttavia, nel tempo, vicende finanziarie e controversie giudiziarie portarono alla chiusura di “El Fuego” e alla fine dell’era d’oro del turismo ad Alghero. Oggi, il rudere del lungomare Dante testimonia un passato glorioso, ma anche un presente di abbandono e degrado.

Sardenya i Llibertat nel 2019, intervenendo sulla questione, proponeva l’abbattimento del manufatto e il ripristino della “Rotonda” come unica soluzione possibile, per riqualificare un luogo identitario per gli algheresi e restituirlo ai cittadini e ai visitatori.

Nel 2018, Pier Luigi Alvau, figura di spicco nel panorama culturale e politico algherese, ha avanzato una proposta interessante. Alvau suggerisce l’elaborazione di un piano ragionato di dismissioni e riutilizzo di aree e manufatti comunali o comunque pubblici, coinvolgendo la cittadinanza in costruttivi momenti di discussione pubblica per valorizzare il patrimonio storico e culturale della città.

Ricordando con nostalgia quei tempi passati, gli algheresi conservano ancora vivide immagini di serate indimenticabili e di un’epoca in cui la città era il fulcro del turismo sardo. È importante, dunque, riportare alla luce questo patrimonio storico e culturale, per permettere alle nuove generazioni di scoprire e apprezzare un Alghero che, un tempo, brillava come una stella nel firmamento turistico del Mediterraneo.

La riqualificazione dell’ex Cavall Marì rappresenta un’opportunità unica per la città di Alghero di recuperare un pezzo della sua storia e di restituire alla comunità un luogo di aggregazione e di condivisione. È importante che tale processo avvenga tenendo conto delle esigenze e delle aspettative di tutti gli algheresi, poiché il bene in oggetto è un patrimonio di tutti e non solo delle amministrazioni di turno. Coinvolgere la cittadinanza nella decisione su come riqualificare e affidare i locali a privati potrebbe essere un passo fondamentale per garantire che la rinascita dell’ex Cavall Marì sia veramente al servizio della comunità, rispettando e valorizzando la sua memoria storica e culturale. In questo modo, si riafferma il principio che i beni collettivi appartengono a tutti e che la loro gestione e cura devono essere condivise nell’interesse del bene comune.

Delibera di Giunta del 2022.




Uniti nella Luce: Pasqua, Unione e Speranza per Cattolici e Laici

Care lettrici e lettori cattolici e laici,

In questo giorno speciale di Pasqua, vorremo condividere con voi un augurio di pace, amore e unità. Che questo momento di rinnovamento e speranza ci ricordi l’importanza di apprezzare le gioie della vita e di nutrire i legami con le persone che ci circondano.

Ai nostri lettori cattolici, auguriamo una Pasqua piena di benedizioni e di rinnovata fede. Che la risurrezione di Cristo vi riempia il cuore di gratitudine e vi guidi nel vostro cammino spirituale.

Ai nostri lettori laici, vi auguriamo una giornata di festa e di riflessione, in cui possiate trovare ispirazione e gioia nel celebrare le tradizioni e i valori condivisi con i vostri cari.

Insieme, celebriamo la diversità e la ricchezza delle nostre culture, e cerchiamo di costruire un mondo più solidale, tollerante e amorevole. Che la luce della Pasqua illumini i nostri cuori e ci guidi verso un futuro migliore.

Buona Pasqua a tutti dalla redazione di sardegna Press.




Ecco la Politica Sarda in azione, tra balletti e confusione: una sapiente mescolanza di incertezze e clamore mediatico!

Fausto Farinelli



Non si può negare che la politica sarda stia vivendo un periodo d’oro: tra dichiarazioni sibilline, fusione degli scali aerei e pacchetti azionari immaginari, sembra proprio che la nostra classe dirigente si sia lanciata in un’appassionante danza del caos. Un valzer delle incertezze che, puntualmente, tiene tutti con il fiato sospeso, mentre i cittadini si domandano se tutto questo movimento porterà mai a una soluzione concreta o si tratterà solo di un’ennesima performance circense.

E non dimentichiamoci delle “provocazioni intelligenti”! L’assessore Moro ha gettato nel calderone dell’intrattenimento politico l’idea di acquistare la maggioranza azionaria della Sogeaal per la modica cifra di 14 milioni di euro. Un’idea tanto brillante quanto irrealizzabile, a meno che non si tratti di un’asta fantasma. Ma non preoccupiamoci, perché queste “provocazioni” servono a sollecitare il dibattito e a ricordarci che, anche in mezzo a questa confusione, i nostri politici stanno lavorando… o almeno lo dicono.

Così, mentre la Regione danza tra monitoraggio, fusioni e regolamentazioni, gli aeroporti sardi sembrano appesi a un filo e il territorio attende impaziente che qualcuno prenda le redini della situazione. O forse è meglio dire: che qualcuno smetta di danzare e inizi a governare.

Nel 2016, la giunta precedente cedette il 72% delle azioni dell’aeroporto di Alghero a F2i per circa 9,6 milioni di euro e deliberò 5,8 milioni di finanziamento pubblico. Michele Pais, presidente del Consiglio regionale della Sardegna, sottolinea l’importanza di condividere strategie e piani industriali di sviluppo, considerando aeroporti e porti infrastrutture “sociali”. Ribadisce la necessità di una regia del “sistema pubblico” guidata dalla Regione e di garantire pari dignità ai tre aeroporti sardi, sottolineando il valore sociale dell’aeroporto di Alghero.

Michele Pais – Presidente del consiglio regionale della Sardegna

L’on. Marco Tedde commenta le dichiarazioni dell’assessore regionale dei trasporti Antonio Moro sull’ipotesi di acquistare la maggioranza azionaria di Sogeaal per 14 milioni di euro, definendole una provocazione intelligente. Tedde sottolinea la necessità di vigilare sul futuro della Sogeaal e sulle dinamiche aeroportuali dell’aeroporto di Alghero, il più fragile dei tre aeroporti sardi. La Regione dovrebbe garantire che la fusione degli scali e la creazione del polo aeroportuale sardo portino alla crescita del territorio, agendo sia come regolatore politico che come soggetto istituzionale. Tedde chiede al Presidente Solinas di sollecitare il Fondo proprietario della Sogeaal a impegnarsi concretamente sul futuro dello scalo algherese.

On. Marco Tedde FI

Il panorama politico sardo sembra aver perso la bussola, navigando in un mare di incertezze e cambi di rotta che lasciano i cittadini e gli stessi politici disorientati. In questa situazione, la parola “autorevolezza” sembra essere stata depennata dal vocabolario dei nostri rappresentanti, quasi fosse un concetto ormai superato e in disuso. In realtà, l’autorevolezza è ciò che manca per imprimere una direzione chiara e condivisa alle politiche regionali.

I politici sardi mancano tutti di autorevolezza

Lo ha dichiarato Raimondo Cacciotto esponente di futuro comune durante la puntata ” politicamente” visibile qui

Umberto Borlotti durante la puntata di politicamente in onda su www.mediawebchannel.it ha messo in evidenza alcuni numeri su cui riflettere:

la Sogeaal società di gestione dell’aeroporto di Alghero al momento dell’allontanamento nel 2009 del manager avesse 155 dipendenti con un traffico di 1,5 milioni di passeggeri e un costo complessivo del personale di 7 milioni di €. Mentre nel 2019 i dipendenti erano 246 con un traffico passeggeri inferiori a 1.39o milioni e un costo compelssivo di 9,4 milioni di €.

L’ENAC nel suo ultimo piano dei trasporti nelle conclusioni finali

promuove la costituzione delle reti territoriali, su richiesta dei gestori aeroportuali, mediante l’integrazione della società di gestione dello scalo strategico con quelle degli altri aeroporti che ne fanno parte, senza necessariamente modificazioni soggettive nella titolarità degli atti concessionari di gestione totale degli scali interessati.

Sarebbe utile chiedersi: cosa ne è stato dell’autorevolezza, quel tratto distintivo che un tempo caratterizzava i leader capaci di ispirare fiducia e guidare con fermezza? Forse è stata inghiottita dal vortice di proclami e promesse altisonanti che, paradossalmente, non fanno altro che alimentare la confusione e il disorientamento tra i cittadini. In un mondo in cui l’attenzione sembra rivolta più alla forma che alla sostanza, l’autorevolezza rischia di essere sacrificata sull’altare della retorica e dello spettacolo.

Ma non disperiamo, perché questa apparente assenza di visione e autorevolezza potrebbe rivelarsi un’opportunità per riscoprire l’importanza di un approccio politico basato sulla concretezza e la responsabilità. Dopotutto, la Sardegna e i suoi cittadini meritano rappresentanti all’altezza delle sfide che li attendono, capaci di guardare oltre le beghe quotidiane e di elaborare strategie a lungo termine per il bene di tutti.

Con un pizzico di sarcasmo e un tocco di ironia, invitiamo i politici sardi a riscoprire l’arte dell’autorevolezza, e a farlo senza dimenticare il rispetto e la considerazione dovuti ai cittadini e alle istituzioni. Solo così sarà possibile superare le difficoltà del presente e costruire un futuro migliore per la Sardegna.

La democrazia è tutto, la democrazia è niente.

È importante ricordare che la democrazia si fonda sul voto, un valore altissimo che consente ai cittadini di esprimere le proprie scelte e partecipare attivamente alla vita politica. Tuttavia, quando il voto viene trasformato in merce di scambio o viene utilizzato per favorire amici e conoscenti, si mina la stessa essenza della democrazia, e ciò può generare situazioni di profonda ingiustizia.

In questo contesto, emerge il concetto di “razzismo politico”, un fenomeno che vede alcuni individui ottenere vantaggi e opportunità in cambio del proprio sostegno elettorale, mentre altri, magari più meritevoli, vengono lasciati indietro. Questo meccanismo perverso, basato sulla logica del “do ut des”, finisce per alimentare un sistema di favoritismi e clientelismo che penalizza le persone più meritevoli e compromette la correttezza delle scelte politiche.

In questa situazione, è difficile non provare tristezza nel constatare come il voto, strumento prezioso di democrazia, possa essere ridotto a una moneta di scambio. Tuttavia, non bisogna cedere alla rassegnazione, ma piuttosto puntare su una maggiore consapevolezza da parte dei cittadini e degli stessi politici. La responsabilità di contrastare queste dinamiche negative ricade sia su chi chiede il voto in cambio di favori, sia su chi lo promette per ottenere vantaggi personali.

L’incessante retorica e le contraddizioni dei politici agiscono come un potente virus che infetta l’organismo della democrazia, compromettendo il suo sistema immunitario e minacciando la sua vitalità, proprio nel momento cruciale dell’espressione del voto.

Per superare questo triste scenario, è fondamentale riaffermare il valore del voto come espressione libera e autonoma, che deve essere guidata esclusivamente dall’interesse collettivo e dalla valutazione delle proposte e delle competenze dei candidati. Solo attraverso un impegno collettivo e un’etica politica basata sulla trasparenza e la meritocrazia sarà possibile riscattare la democrazia e offrire a tutti gli stessi diritti e opportunità.

Verso un futuro solidale: la forza dell’empatia nelle prossime elezioni

Mentre ci avviciniamo alle prossime elezioni, è tempo di coltivare speranza e consapevolezza, di superare la logica egoistica del “pensare per sé stessi” e abbracciare l’idea di pensare per gli altri. Perché, in fondo, gli altri siamo noi stessi, parte di una comunità in cui il benessere di uno si riflette sul benessere di tutti.

Immaginiamo un futuro in cui la solidarietà e l’empatia diventano pilastri della nostra società, in cui le decisioni politiche sono guidate dal desiderio di creare un mondo migliore per tutti, senza esclusioni. Un mondo in cui il successo di una persona non sia misurato dalla sua capacità di accumulare ricchezza e potere, ma dalla generosità con cui condivide le proprie risorse e conoscenze con gli altri.

Le elezioni rappresentano un’opportunità unica per dimostrare che possiamo essere migliori, che possiamo superare la mentalità individualista e costruire insieme un tessuto sociale più equo e sostenibile. Ogni voto diventa, allora, un gesto d’amore verso gli altri, un segno di fiducia nel potere della democrazia e della collaborazione per realizzare il cambiamento che desideriamo.

Riscopriamo la bellezza di pensare per gli altri, di unirci nella diversità e nel rispetto reciproco, perché è nel nostro agire insieme che risiede la forza per trasformare la realtà. E quando, alla fine, guarderemo indietro, potremo dire con orgoglio che abbiamo scelto di essere artefici di un mondo migliore, consapevoli del nostro ruolo e responsabili del nostro destino comune.




Alghero in cerca del futuro sindaco: una figura autorevole per una città propositiva.



Scegliere con saggezza: il coinvolgimento dei cittadini nella scelta del leader per una città in evoluzione

Alghero, una città dalla storia affascinante e dal patrimonio culturale unico, si prepara per il voto del prossimo anno. Nel 2024, i cittadini avranno l’opportunità di scegliere un nuovo sindaco. La città non deve aspettare l’esito delle elezioni regionali per avere un’indicazione politica, ma è ora che i suoi abitanti decidano chi guiderà il futuro di Alghero.

Il candidato ideale per il ruolo di sindaco è una persona autorevole, capace e credibile, con esperienze amministrative ad alti livelli e una rete di contatti costruita nel tempo. Questa figura potrà dare un respiro più ampio al mandato e affrontare le sfide che attendono la città.

La scelta del prossimo sindaco di Alghero non deve essere decisa nelle stanze chiuse dei partiti, poiché una decisione così cruciale per il futuro della città deve coinvolgere direttamente i cittadini. È fondamentale che la selezione del candidato avvenga in modo trasparente e partecipativo, garantendo che i cittadini abbiano voce in capitolo e che le loro esigenze siano al centro delle scelte politiche. La figura del sindaco non deve essere imposta dall’alto, ma scaturire dal basso, dalla volontà e dalle aspettative delle persone che vivono e lavorano nella città.

È essenziale, pertanto, che i cittadini di Alghero non si limitino a scegliere tra una rosa di candidati preselezionati da partiti e gruppi di potere, ma che siano protagonisti attivi nella scelta del leader che li rappresenterà. Questa partecipazione diretta garantirà che il sindaco eletto sia realmente in sintonia con le esigenze della comunità e pronto ad affrontare le sfide del presente e del futuro.

È il momento giusto per scegliere la persona giusta, in grado di dare una nuova direzione ad Alghero e ai suoi abitanti.

Il tempo delle divisioni e delle medaglie è finito. Alghero deve smettere di vivere in termini reattivi e diventare propositiva. Per farlo, è importante prendere esempio da altre città in Sardegna che hanno dimostrato una visione del futuro efficace e lungimirante.

Un esempio da seguire è il modello di Olbia, portato avanti negli anni da Settimo Nizzi. Ispirarsi a questo modello significa essere al passo con i tempi e adottare un approccio innovativo all’amministrazione pubblica, puntando su progetti e investimenti che garantiscano sviluppo sostenibile e benessere per i cittadini.

Il dibattito aperto e costruttivo è il cuore della democrazia e consente di confrontare idee, visioni e proposte, oltre a stimolare il senso di appartenenza e responsabilità civica.

Esortiamo quindi tutti gli abitanti di Alghero a partecipare attivamente al dialogo e a esprimere le proprie idee e aspettative per il futuro della città. È importante condividere opinioni e informazioni con amici, familiari, colleghi e vicini, così come sui social media e in incontri pubblici, per coinvolgere il maggior numero di persone possibile nella discussione.

Ricordiamo che il successo di Alghero dipende dalla scelta del prossimo sindaco e dal coinvolgimento attivo di tutti i cittadini nel processo decisionale. Solo attraverso il dialogo e la partecipazione di tutti sarà possibile individuare la persona giusta per guidare la città verso un futuro prospero e sostenibile.

Iniziamo oggi a costruire insieme il futuro di Alghero, dando voce ai nostri desideri e alle nostre aspettative. Solo così potremo garantire che la nostra città abbia un sindaco capace e autorevole, che possa affrontare le sfide che ci attendono e condurci verso un domani migliore.

Scegliere il prossimo sindaco di Alghero è come trovare la chiave giusta per aprire un antico e prezioso scrigno. Questo scrigno custodisce il potenziale inespresso e le ricchezze nascoste della città, che aspettano solo di essere scoperte e valorizzate. La chiave giusta, nelle mani del sindaco competente e lungimirante, riuscirà a sbloccare questo tesoro, consentendo ad Alghero di svelare le sue meraviglie e di progredire verso un futuro luminoso e prospero. Ma se la chiave scelta non è quella adatta, il prezioso scrigno rimarrà chiuso, e il potenziale della città continuerà a rimanere inaccessibile.




Il “Merito Morale”: il nuovo parametro di valutazione per una società più giusta

La storia del merito e i libri che ne parlano: come il Merito Morale potrebbe rivoluzionare la valutazione delle persone e delle istituzioni



In un mondo in cui il successo è spesso misurato in termini di risultati economici e prestigio, l’importanza della moralità e dell’integrità può essere facilmente trascurata. Tuttavia, la crescente consapevolezza dell’importanza di un approccio più etico e sostenibile alla vita e agli affari sta portando a una riconsiderazione dei criteri con cui valutiamo le persone e le istituzioni. In questo articolo, esploreremo la storia del merito, le opere letterarie che ne parlano e come l’introduzione del “Merito Morale” come nuovo strumento di valutazione potrebbe avere vantaggi significativi per la società nel suo insieme.

La storia del merito e la letteratura sull’argomento

Il concetto di merito ha una lunga storia, che risale almeno alla filosofia greca antica. Aristotele, ad esempio, nel suo celebre trattato “Etica a Nicomaco”, esplora il rapporto tra virtù, moralità e felicità, sottolineando l’importanza del merito morale nella vita umana. Altre opere filosofiche che affrontano il tema del merito includono “La Repubblica” di Platone, che esamina il ruolo della giustizia e della moralità nella società ideale, e “Il Principe” di Niccolò Machiavelli, che offre interessanti spunti sul rapporto tra merito e potere.

Nel corso dei secoli, il tema del merito morale è stato affrontato anche da filosofi come Immanuel Kant, che nel suo “I Fondamenti dell’Etica”, analizza il concetto di dovere morale, e John Stuart Mill, che propone l’utilitarismo come teoria morale basata sulla promozione della felicità generale. Più recentemente, autori come Alasdair MacIntyre e Michael J. Sandel hanno esplorato il ruolo del merito morale nella società contemporanea, sottolineando la necessità di una riflessione più profonda sui valori etici e le responsabilità individuali e collettive.

Vantaggi dell’introduzione del Merito Morale

L’istituzione del Merito Morale come nuovo strumento di valutazione delle persone e delle istituzioni potrebbe avere numerosi vantaggi per la società nel suo insieme:

  1. Promozione dell’etica e della responsabilità: valutando le persone e le istituzioni anche in base al loro comportamento morale, si incoraggia un approccio più etico e responsabile, premiando coloro che agiscono in modo virtuoso e scoraggiando comportamenti scorretti o immorali.
  2. Miglioramento della trasparenza e della fiducia: l’introduzione del Merito Morale potrebbe aumentare la trasparenza e la fiducia nel sistema, poiché i cittadini avrebbero una base più solida per valutare le azioni e le decisioni delle istituzioni e degli individui. Inoltre, un’analisi etica approfondita potrebbe aiutare a identificare e prevenire eventuali pratiche scorrette o illecite.
  3. Creazione di un ambiente di lavoro più sano e solidale: valutare i dipendenti e i candidati non solo in base alle loro competenze professionali, ma anche al loro merito morale, potrebbe contribuire a creare un ambiente di lavoro più sano e solidale, in cui la responsabilità, la collaborazione e il rispetto reciproco siano valori fondamentali.
  4. Stimolo all’innovazione sostenibile: premiando le aziende e le organizzazioni che dimostrano un forte impegno nei confronti dell’etica e della sostenibilità, il Merito Morale potrebbe stimolare l’innovazione e l’adozione di soluzioni più ecologiche e socialmente responsabili, contribuendo a creare un futuro più sostenibile per tutti.
  5. Rafforzamento della coesione sociale: l’adozione del Merito Morale potrebbe contribuire a rafforzare la coesione sociale, incoraggiando il rispetto e la comprensione reciproca tra persone di diverse culture, religioni e sfondi. In un contesto in cui le divisioni e le tensioni sono sempre più accentuate, il Merito Morale potrebbe rappresentare un importante strumento per promuovere la convivenza pacifica e la solidarietà tra individui e comunità.
  6. Miglioramento delle politiche pubbliche: l’introduzione del Merito Morale nella valutazione delle istituzioni e dei decisori politici potrebbe portare a politiche più equilibrate, che tengano conto degli interessi di tutte le parti coinvolte e promuovano un approccio più sostenibile e responsabile allo sviluppo economico e sociale.

L’introduzione del ” merito morale” nella scelta dei nostri governanti

Se il “Merito Morale” diventasse un criterio imprescindibile nella scelta dei governanti in Italia, si potrebbero osservare diversi cambiamenti significativi nel panorama politico:

  1. Selezione di candidati più etici e responsabili: con il Merito Morale come requisito fondamentale, i partiti politici sarebbero incentivati a proporre candidati con un solido background etico e un impegno dimostrato nei confronti della responsabilità sociale e della trasparenza. Ciò potrebbe portare a una classe politica più onesta e competente, capace di guadagnarsi la fiducia dell’elettorato.
  2. Riduzione della corruzione e del clientelismo: l’introduzione del Merito Morale potrebbe contribuire a combattere la corruzione e il clientelismo, che purtroppo hanno afflitto la politica italiana nel corso degli anni. Con un maggiore focus sull’integrità e la responsabilità, i politici sarebbero meno inclini a cedere alle tentazioni della corruzione e a favorire gli interessi di singoli individui o gruppi a scapito dell’interesse pubblico.
  3. Maggiore responsabilità nei confronti delle politiche pubbliche: un approccio basato sul Merito Morale potrebbe incoraggiare i politici a considerare gli effetti delle loro decisioni sulla società nel suo insieme, promuovendo politiche più eque e sostenibili. In particolare, potrebbe portare a un maggiore impegno nei confronti dell’ambiente, dell’istruzione, della sanità e della riduzione delle disuguaglianze sociali ed economiche.
  4. Rafforzamento della democrazia: l’introduzione del Merito Morale potrebbe rafforzare la democrazia in Italia, favorendo la partecipazione attiva dei cittadini e garantendo che le istituzioni politiche operino nell’interesse del bene comune. Inoltre, una classe politica più etica e responsabile sarebbe più incline a rispettare le regole democratiche e i principi di legalità e giustizia.
  5. Miglioramento dell’immagine dell’Italia a livello internazionale: adottando il Merito Morale come criterio fondamentale nella scelta dei governanti, l’Italia potrebbe migliorare la sua reputazione a livello internazionale, diventando un modello di buona governance e responsabilità politica. Ciò potrebbe tradursi in un maggiore rispetto e cooperazione da parte degli altri paesi, nonché in un aumento degli investimenti esteri e delle opportunità di crescita economica.

Una donna e un uomo politico selezionato sulla base del “Merito Morale” rappresenterebbe un nuovo tipo di leader, dove etica, integrità e responsabilità sociale sono al centro delle sue scelte e azioni.

Ecco il profilo di un tale uomo politico:

  1. Integrità e onestà: Questo politico dimostrerebbe un’adesione rigorosa ai principi etici, agendo con onestà e trasparenza in tutte le sue decisioni e azioni. Non si lascerebbe influenzare da interessi personali o esterni e sarebbe immune alla corruzione.
  2. Empatia e ascolto: Il politico selezionato per il Merito Morale avrebbe un forte senso di empatia, ascoltando attentamente le esigenze e le preoccupazioni dei cittadini e lavorando per trovare soluzioni che rispondano ai loro bisogni e aspirazioni. Sarebbe aperto al dialogo e attento alle voci delle minoranze e dei gruppi più vulnerabili.
  3. Visione a lungo termine: Questo leader politico avrebbe una visione a lungo termine per il paese, concentrandosi su politiche e strategie che promuovano uno sviluppo equo e sostenibile. Si impegnerà in progetti e iniziative che garantiscano il benessere delle generazioni future, proteggendo l’ambiente e promuovendo l’innovazione e la ricerca.
  4. Responsabilità e coerenza: Il politico improntato sul Merito Morale si assumerebbe la responsabilità delle sue azioni e decisioni, ammettendo eventuali errori e lavorando per correggerli. Sarebbe coerente nel perseguire i suoi valori e gli obiettivi politici, resistendo alle pressioni per cambiare posizione in base alle convenienze.
  5. Collaborazione e unità: Un politico scelto in base al Merito Morale favorirebbe la collaborazione e il lavoro di squadra, sia all’interno del suo partito che tra le diverse forze politiche. Cercherebbe di promuovere l’unità e il consenso, evitando la polarizzazione e le divisioni inutili.
  6. Competenza e preparazione: Pur avendo una forte base morale, questo politico avrebbe anche una solida formazione e competenza nel suo campo, dimostrando la capacità di affrontare le sfide politiche ed economiche del paese. Sarebbe costantemente impegnato nel miglioramento delle proprie conoscenze e abilità, cercando di apprendere dalle migliori pratiche internazionali.

In conclusione, l’introduzione del Merito Morale come criterio fondamentale nella selezione dei nostri governanti rappresenta una prospettiva promettente e rivoluzionaria. Un simile approccio potrebbe contribuire a creare un ambiente politico più etico, responsabile e orientato al bene comune. Se adottato con impegno e consapevolezza, questo sistema di valutazione potrebbe portare a una nuova era di politica, in cui i leader saranno guidati non solo dalla ricerca del potere o del successo personale, ma anche dal desiderio di servire al meglio gli interessi della collettività e di promuovere una società più giusta e sostenibile.

Con un’adozione tempestiva del Merito Morale, si potrebbe iniziare fin da subito un percorso di rinnovamento nel panorama politico italiano. Questo cambiamento potrebbe ispirare una nuova generazione di leader, che faranno della moralità e dell’etica i loro principi guida, lavorando per il benessere di tutti i cittadini e per la costruzione di un futuro migliore.

Incorporare il Merito Morale nella valutazione dei nostri governanti può sembrare un’utopia, ma la speranza e l’ottimismo sono essenziali per innescare il cambiamento. È tempo di riconoscere l’importanza dell’integrità e della responsabilità nella politica e di intraprendere un percorso che possa portare a una nuova era di trasparenza, equità e progresso.




Il lavoro povero in Italia: la sfida di garantire la dignità dei lavoratori e combattere la disuguaglianza

Il fenomeno del “working poor” è stato introdotto vent’anni fa con i film di Ken Loach, rivelando al pubblico la presenza di una grande massa di lavoratori che non guadagnano abbastanza da superare la soglia della povertà. In Italia, il problema del lavoro povero è sempre più diffuso, ed è diventato una vera e propria emergenza sociale.

Uno studio commissionato dal precedente Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha rivelato che un quarto dei lavoratori italiani è a rischio povertà. Considerando che gli occupati in Italia sono oltre 23 milioni, ci troviamo di fronte a una platea di 5 milioni e ottocentomila persone in grande difficoltà. I “working poor” sono rappresentati da precari, immigrati, personale a servizio della gig economy, part-time involontario, giovani del Sud e donne.

Secondo l’economista dell’Ocse, Andrea Garnero, che ha partecipato allo studio del ministero di via Veneto, il lavoro povero deriva dai bassi salari, ma soprattutto dal fatto che molti dipendenti sono costretti a lavorare meno ore di quante vorrebbero. L’Italia ha il dato più alto dei Paesi Ocse di part time involontario. A questo bisogna aggiungere il precariato, che riguarda una grande parte dei giovani e delle donne che lavorano in Italia.

Inoltre, ci sono anche 500.000 lavoratori che non solo fanno fatica a vivere dignitosamente, ma non avranno neanche una pensione sufficiente. L’indagine sui redditi dei parasubordinati, realizzata da Nidil Cgil e Fondazione Giuseppe Di Vittorio, ha portato alla luce questa emergenza sociale.

Il reddito medio di 211.000 collaboratori nel 2021 è stato di 8.500 euro lordi, con 11.000 euro per gli uomini e 7.000 per le donne, che costituiscono il 60% del totale. La fascia di età fino a 34 anni rappresenta il 48% e guadagna in media 5.700 euro, mentre gli adulti da 34 a 64 anni sono il 49% e guadagnano 11.000 euro lordi all’anno. I senior, oltre i 65 anni, sono poco più del 2% e hanno un reddito lordo annuo di quasi 15.000 euro.

Ci sono poi 341.000 professionisti che hanno portano a casa 15.800 euro lordi: 18.400 euro gli uomini e 13.200 le donne, che sono circa la metà. Le partite IVA under 34 sono il 33% e guadagnano mediamente 12.300 euro lordi l’anno, quelli tra i 35 e i 64 anni hanno un reddito lordo medio di 17.600 euro. Gli over 65 sono il 3% del totale e dichiarano circa 18.300 euro.

Il lavoro povero riguarda anche il lavoro dipendente, in cui il 30% dei lavoratori guadagna meno di 12.000 euro lordi all’anno. Elena Granaglia, docente di Economia di Roma Tre e membro del coordinamento del Forum Disuguaglianze e Diversità, evidenzia che il grosso del lavoro povero si riscontra in settori come il turismo, ma anche nei servizi alla persona. Attività così importanti come quelle svolte da chi assiste bambini, anziani e disabili vengono svalorizzate e questo è molto grave.

Il lavoro povero in Italia colpisce in modo particolare le donne e i giovani, con le donne che guadagnano meno degli uomini, soprattutto in lavori part-time. Inoltre, i giovani (tra i 16 e i 34 anni) hanno un’incidenza di bassi salari quasi doppia rispetto al gruppo più anziano (tra i 50 e i 65 anni).

Michele Faioli, docente di diritto della Cattolica e consigliere del Cnel, ricorda che su mille contratti depositati, ci sono 800 contratti pirata: sempre più datori di lavoro puntano al ribasso, oltre al problema della retribuzione mensile, questi contratti sono più deboli per quel che riguarda gli straordinari, la malattia, la maternità e in generale le tutele legate alla persona.

Un anno fa si cominciò a parlare di salario minimo a 9 euro e 50, tuttavia l’allora governo Draghi non riuscì a mettere in piedi una proposta sostenuta da tutta la maggioranza, e la premier Giorgia Meloni la settimana scorsa è andata al congresso della Cgil per ribadire il suo no al salario minimo.

La situazione in Italia sembra essere particolarmente preoccupante in confronto ad altri paesi europei. Infatti, l’Italia è l’unico paese dell’OCSE ad aver registrato un valore negativo (-2,9%) nella variazione dei salari medi tra il 1990 ed il 2020. In Francia, solo per fare un esempio, in questi ultimi trent’anni le retribuzioni sono aumentate del 31%.

Tuttavia, il lavoro povero è un problema comune a molti paesi europei, anche se la situazione è diversa a seconda dei paesi. In generale, ci sono differenze significative nel mercato del lavoro in Europa, ma il lavoro povero è un problema che colpisce molte persone in molti paesi.

Il lavoro povero in Italia rappresenta un problema serio e diffuso, che colpisce in modo particolare precari, immigrati, part time involontario, giovani del Sud e donne. La situazione è preoccupante, in quanto l’Italia è l’unico paese dell’OCSE ad aver registrato un valore negativo nella variazione dei salari medi negli ultimi trent’anni. Tuttavia, ci sono segnali positivi come le nuove norme sulla giusta remunerazione dei professionisti. È importante affrontare il problema del lavoro povero in modo serio e strutturale, affinché tutti i lavoratori italiani possano vivere con dignità e sostenere le proprie famiglie. Ciò richiede un approccio globale che includa la promozione dell’occupazione, la creazione di posti di lavoro stabili e ben retribuiti, la protezione dei lavoratori e l’adozione di politiche pubbliche efficaci per ridurre la povertà e le disuguaglianze.

il salario minimo

Il salario minimo è un tema molto dibattuto in molti paesi europei, poiché rappresenta uno strumento per garantire la giusta remunerazione dei lavoratori e combattere la povertà salariale. Il salario minimo è il salario più basso che un datore di lavoro è obbligato a pagare ai propri dipendenti per un’ora di lavoro e varia da paese a paese.

In Europa, diversi paesi hanno introdotto il salario minimo per garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori e prevenire la povertà salariale. In alcuni paesi, il salario minimo è stabilito a livello nazionale, mentre in altri paesi è stabilito a livello regionale o settoriale. Inoltre, la quantità del salario minimo può variare in base alla qualifica e all’esperienza del lavoratore.

In alcuni paesi europei, come la Danimarca, il salario minimo non è in vigore, poiché il sistema negoziale è basato su un’ampia copertura dei contratti collettivi e sulla negoziazione tra le parti sociali. In altri paesi, come il Regno Unito, il salario minimo è stabilito a livello nazionale e varia a seconda dell’età e della qualifica del lavoratore.

In Germania, il salario minimo è stato introdotto nel 2015 ed è attualmente fissato a 9,50 euro lordi all’ora. Il salario minimo in Germania è stato introdotto per prevenire la concorrenza sleale tra le imprese e garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori.

In Francia, il salario minimo è stato introdotto nel 1950 ed è attualmente fissato a 10,25 euro lordi all’ora. In Francia, il salario minimo è stabilito a livello nazionale e varia a seconda dell’età e della qualifica del lavoratore.

In Spagna, il salario minimo è stato introdotto nel 1963 ed è attualmente fissato a 7,14 euro lordi all’ora. Il salario minimo in Spagna è stato recentemente aumentato per combattere la povertà salariale e migliorare le condizioni dei lavoratori.

In Italia, il salario minimo non è attualmente in vigore, ma è stato discusso in passato come strumento per combattere la povertà salariale. L’idea di introdurre il salario minimo in Italia è stata avanzata dal precedente governo Draghi, ma non ha ottenuto il sostegno necessario.

In generale, il salario minimo è uno strumento importante per garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori e prevenire la povertà salariale. Tuttavia, il salario minimo da solo non può risolvere tutti i problemi del mercato del lavoro e della povertà. È necessario adottare una serie di politiche pubbliche efficaci per promuovere l’occupazione, creare posti di lavoro stabili e ben retribuiti, proteggere i lavoratori e ridurre le disuguaglianze.

Il salario minimo potrebbe essere paragonato a una fondamenta solida su cui costruire un edificio. Come una fondamenta, il salario minimo rappresenta una base stabile e solida su cui costruire una società equa e giusta per tutti i lavoratori. Senza una base solida, l’edificio rischia di crollare, così come senza una retribuzione adeguata i lavoratori rischiano di cadere nella povertà salariale e l’intera società rischia di essere compromessa. Il salario minimo, come la fondamenta, rappresenta quindi un elemento essenziale per garantire una società sana ed equa.

“Il salario minimo è uno strumento fondamentale per garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori e prevenire la povertà salariale. Inoltre, un salario minimo equo è un elemento essenziale per costruire una società giusta e equa per tutti i cittadini.”

Angela Merkel, Cancelliera tedesca.

“L’introduzione del salario minimo ha rappresentato un passo avanti per garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori e combattere la povertà salariale. Tuttavia, dobbiamo continuare a lavorare per migliorare le condizioni dei lavoratori e ridurre le disuguaglianze.”

Emmanuel Macron, Presidente fra

“Il salario minimo è uno strumento importante per garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori, ma da solo non può risolvere tutti i problemi del mercato del lavoro. È necessario adottare politiche pubbliche efficaci per promuovere l’occupazione, creare posti di lavoro stabili e ben retribuiti e proteggere i lavoratori.” – Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea.

europea

“Il salario minimo è un diritto dei lavoratori, non un privilegio. È essenziale garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori per prevenire la povertà salariale e garantire la dignità dei lavoratori.” – Sharan Burrow, Segretario generale della Confederazione sindacale internazionale.

Sharan Burrow, Segretario generale della Confederazione sindacale internazionale.

“L’introduzione del salario minimo è uno strumento importante per garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori, ma dobbiamo anche combattere il lavoro precario e migliorare le condizioni dei lavoratori in generale.” – Ada Colau, Sindaco di Barcellona.

Ada Colau, Sindaco di Barcellona.

I maggiori oppositori dell’introduzione del salario minimo sono solitamente le organizzazioni di rappresentanza delle imprese e alcune forze politiche che sostengono l’economia di mercato.

In particolare, le organizzazioni di rappresentanza delle imprese sostengono che l’introduzione del salario minimo potrebbe causare un aumento dei costi del lavoro e quindi ridurre la competitività delle imprese, soprattutto in un contesto di mercato globale sempre più competitivo. Inoltre, sostengono che il salario minimo potrebbe limitare la flessibilità del mercato del lavoro, impedendo alle imprese di adattarsi rapidamente alle esigenze del mercato.

Allo stesso tempo, alcune forze politiche sostengono che l’introduzione del salario minimo potrebbe avere effetti negativi sull’occupazione, soprattutto nei settori a basso reddito e nei territori meno sviluppati, dove le imprese potrebbero essere meno in grado di assorbire i costi aggiuntivi. Inoltre, sostengono che il salario minimo potrebbe causare un aumento dei prezzi e quindi una diminuzione del potere d’acquisto dei consumatori.

Gli oppositori dell’introduzione del salario minimo sostengono che esistono alternative migliori per combattere la povertà salariale e migliorare le condizioni dei lavoratori, come ad esempio la formazione professionale, le politiche di inclusione sociale e l’adozione di misure per aumentare la produttività e la competitività delle imprese.

La situazione negli stati uniti: Il salario minimo federale è stato introdotto nel 1938, durante la presidenza di Franklin D. Roosevelt, con il Fair Labor Standards Act (FLSA). Attualmente il salario minimo federale negli Stati Uniti è di $7,25 l’ora, ma molti stati e città hanno fissato un salario minimo superiore a quello federale. Ad esempio, in California il salario minimo è di $14 l’ora, mentre in New York City è di $15 l’ora. Tuttavia, alcuni settori e categorie di lavoratori possono essere esclusi dal salario minimo federale, come ad esempio i lavoratori agricoli o quelli che ricevono regolarmente mance dai clienti.

Il salario minimo è uno strumento fondamentale per garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori e combattere la povertà salariale. Tuttavia, non tutti sono a favore del salario minimo. C’è chi sostiene che l’introduzione del salario minimo possa causare una riduzione dell’occupazione e danneggiare l’economia. Ma perché allora il salario minimo è ancora un argomento così importante per i lavoratori?

In primo luogo, il salario minimo è uno strumento che aiuta a garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori. Senza un salario minimo, i lavoratori che svolgono lavori a basso reddito o in settori precari rischiano di cadere nella povertà salariale, lottando per arrivare a fine mese e senza la possibilità di migliorare la propria situazione economica. Il salario minimo è quindi uno strumento essenziale per garantire la dignità dei lavoratori e migliorare le loro condizioni di vita.

In secondo luogo, il salario minimo è uno strumento che aiuta a combattere la disuguaglianza. In un sistema economico in cui i redditi sono sempre più polarizzati, il salario minimo può essere un modo per garantire una maggiore equità tra i lavoratori e combattere le disuguaglianze sociali ed economiche.

Inoltre, il salario minimo può contribuire ad aumentare la produttività dei lavoratori e la competitività delle imprese. Quando i lavoratori ricevono una retribuzione adeguata, sono più motivati e soddisfatti del proprio lavoro, il che può aumentare la loro produttività e contribuire al successo delle imprese.

Infine, il salario minimo è uno strumento che può avere un effetto positivo sull’economia nel suo complesso. Quando i lavoratori guadagnano di più, hanno maggiori risorse da spendere, il che può aumentare la domanda di beni e servizi e stimolare la crescita economica.

Torna la scala mobile?

Lo scorso anno : “La reintroduzione della scala mobile nel settore del lavoro: un primo passo dopo 30 anni”

Dopo anni di lotte e di richieste da parte della sinistra radicale, una breccia si è aperta e la scala mobile sembra tornare in Italia. Si tratta di un’importante novità, poiché questo strumento era stato abolito nel 1991 dal governo Amato, a causa della crisi economica dell’epoca.

La storia della scala mobile in Italia risale agli anni ’50, quando fu introdotta per garantire una maggiore equità tra i salari dei lavoratori. Nel corso degli anni, però, questo meccanismo ha suscitato molte polemiche e critiche, soprattutto per il rischio di innescare una spirale inflazionistica tra salari e prezzi.

Nel giugno 1985, il Partito Comunista Italiano promosse un referendum per cancellare il taglio di tre punti deciso dal governo di Bettino Craxi, primo passo verso l’abolizione della scala mobile. Tuttavia, la consultazione non ottenne i risultati sperati, con il 54,3% dei votanti contrari all’abrogazione della norma.

Il governo Amato, nel 1991, decise di porre fine alla scala mobile, eliminandola completamente e unendola in un’unica voce retributiva, insieme al salario base previsto dai contratti nazionali per ogni livello di inquadramento. Da allora, molti gruppi della sinistra radicale hanno chiesto la reintroduzione di questo strumento, affermando che esso possa garantire maggiori tutele ai lavoratori.

Adesso, grazie all’accordo tra l’Inail e i sindacati, si è aperta la strada per la reintroduzione, anche se parziale, della scala mobile. L’intesa riguarda l’integrativo dei 250 lavoratori dei centri di assistenza Inail di Roma, Lamezia Terme e Budrio, e si tratta di una specificità del contratto dei metalmeccanici. Molti esponenti della categoria hanno già chiesto l’ampliamento dell’accordo.

Stefano Biosa, della Fiom-Cgil, ha commentato l’accordo, affermando che si tratta di un contratto che riesce a salvaguardare il potere d’acquisto dei lavoratori, grazie a un sistema di rivalutazione automatica dei salari. L’intesa prevede l’istituzione di un fondo «indicizzato annualmente sulla base dell’inflazione, in modo da garantire il potere d’acquisto reale del salario dei lavoratori». L’80% dei dipendenti ha approvato il nuovo contratto.

In definitiva, la reintroduzione della scala mobile potrebbe rappresentare una svolta importante per i lavoratori italiani, garantendo loro maggiori tutele e un salario più equo e adeguato all’inflazione. Tuttavia, è ancora presto per capire se questa breccia si allargherà e se la scala mobile tornerà definitivamente ad essere uno strumento diffuso in Italia.

Il salario minimo rappresenta uno strumento essenziale per garantire la dignità dei lavoratori e combattere la povertà salariale. Oltre a questo, può contribuire ad aumentare la produttività dei lavoratori, combattere la disuguaglianza e stimolare la crescita economica. È importante sostenere l’introduzione di un salario minimo equo e adeguato per garantire una società più giusta ed equa per tutti.

Fausto Farinelli




“Il caso Cospito: l’anarchia sfida la democrazia”

Editoriale

La carriera politica del deputato Giovanni Donzelli ha raggiunto un importante traguardo con l’intervento alla Camera dei Deputati riguardo il detenuto anarchico Alfredo Cospito. Le affermazioni lette in aula dal Vice Presidente del Copasir Donzelli, se confermate, hanno dato una connotazione politica ed anche giudiziaria alla vicenda di Cospito, che ha intrapreso uno sciopero della fame per protestare contro il regime carcerario del 41-bis.

Secondo Donzelli, le parole di Cospito, rese pubbliche in Parlamento, non possono essere ignorate e pongono una sfida alla legalità e alla democrazia. Cospito si è fatto portavoce della volontà storica della mafia di abolire per sempre il 41-bis, noto come “carcere duro” e continuare a comandare anche da dietro le sbarre. Questa vicenda assume quindi un’importanza etico-culturale prima ancora che politica e mette in evidenza la lotta dell’anarchismo contro il regime carcerario.

L’anarchismo in Italia ha una storia lunga e complessa, risalente alla fine del XIX secolo. Durante il periodo fascista, molti anarchici sono stati perseguitati e arrestati, ma negli anni ’70 e ’80 l’anarchismo ha raggiunto un nuovo picco. Negli ultimi decenni, tuttavia, l’anarchismo ha perso parte della sua influenza a causa della repressione delle autorità e della crescita del terrorismo di estrema sinistra. La vicenda di Alfredo Cospito rappresenta quindi un nuovo capitolo nella storia dell’anarchismo in Italia e la sua lotta contro il regime carcerario pone una sfida alla legalità e alla democrazia.

Nonostante le sfide, il deputato Donzelli rimane impegnato a difendere la Costituzione e a promuovere la legalità in ogni momento. La vicenda di Cospito rappresenta un appello a tutti coloro che credono nella democrazia e nella giustizia a non ignorare le parole di chi lotta contro il regime carcerario e a difendere la legalità a ogni costo.