Addio a Philippe Leroy: L’aristocratico Prestato al Cinema

Philippe Leroy, l’attore francese che ha trovato la sua seconda casa in Italia, è morto questa sera a Roma all’età di 94 anni, dopo una lunga malattia.

Philippe Leroy-Beaulieu, nato a Parigi il 15 ottobre 1930, proveniva da una famiglia aristocratica con una lunga tradizione di militari e ambasciatori. Nonostante il suo titolo di marchese, scelse una vita avventurosa e si imbarcò a 17 anni su una nave diretta in America. Al suo ritorno, si unì alla Legione Straniera e combatté in Indocina e Algeria, distinguendosi come paracadutista pluridecorato.

Dalla Guerra al Cinema
Leroy decise di abbandonare la carriera militare e cercare nuove opportunità. Grazie a un parente, entrò nel mondo del cinema con il regista Jacques Becker, che lo scelse per il film “Il buco” (1960), dove interpretava un detenuto che tenta la fuga dal carcere. Questo ruolo segnò l’inizio di una lunga carriera cinematografica.

Un Carriera Internazionale, ma Predilezione per l’Italia
Dopo i primi successi in Francia, Leroy iniziò a lavorare prevalentemente in Italia dal 1961. Tra i suoi primi film italiani ci sono “Caccia all’uomo” di Riccardo Freda e “Leoni al sole” di Vittorio Caprioli. Negli anni successivi, partecipò a numerosi film e produzioni televisive, alternando ruoli di cattivo puro a quelli di aristocratico decadente.

Successi Televisivi e Cinematografici
Negli anni Novanta, oltre ai ruoli televisivi, Leroy apparve in film come “Nikita” (1990) di Luc Besson e “Il ritorno di Casanova” (1991) di Edouard Niermans. Nel 2001, partecipò al drammatico “Vajont – La diga del disonore” di Renzo Martinelli. Tuttavia, la televisione rimase il suo mezzo prediletto, consacrandolo come attore di talento e versatilità.

La Seconda Svolta: La Televisione
Nel 1971, la televisione gli offrì una seconda svolta con il ruolo di Leonardo da Vinci nello sceneggiato omonimo di Renato Castellani. Successivamente, divenne una star interpretando il portoghese Yanez de Gomera nel “Sandokan” di Sergio Sollima, un personaggio amato da milioni di spettatori. Tra i suoi ruoli televisivi più noti ci sono “Quo vadis?”, “Elisa di Rivombrosa”, “L’ispettore Coliandro” e “I Cesaroni”.

L’Ultima Apparizione in “Don Matteo”
Il grande pubblico italiano lo ricorda soprattutto per il ruolo del vescovo nella fiction “Don Matteo” al fianco di Terence Hill, in onda su Rai1 nella stagione 2008-2009. La sua interpretazione ha lasciato un’impronta indelebile nel cuore degli spettatori.

Leroy era restio a concedere interviste, lo fece nel 2017 nel format ” audaci a cuore aperto” rilasciando una bella testimonianza su se stesso. Guardala qui

Philippe Leroy ci lascia con una ricca eredità artistica che spazia dal cinema alla televisione, testimoniando la sua capacità di adattarsi a ruoli diversi e di emozionare il pubblico con la sua straordinaria interpretazione.




Addio a Michele Pinna: in lutto il mondo della lingua e della cultura sarda

SASSARI. È stato tra i fondatori e l’anima trainante dell’Istituto di Studi e Ricerche Camillo Bellieni di Sassari per oltre trent’anni. Michele Pinna si è spento la scorsa notte all’ospedale di Sassari lasciando un vuoto incolmabile nel mondo dell’istruzione, della lingua e della cultura della Sardegna. L’Istituto Bellieni, a nome della presidente e di tutti i collaboratori si stringe con affetto attorno ai figli Attilio e Maria Antonietta, da sempre vicini alle attività portate avanti con passione dal padre nella storica istituzione di via Maddalena.

«È una grave perdita per la famiglia, per tutti noi del Bellieni, per la città di Sassari e per la Sardegna», ha affermato con commozione la presidente Is.Be, Maria Doloretta Lai, che è stata al fianco di Pinna per molti anni nella dirigenza dell’istituto e sua allieva durante gli anni del liceo.

«Michele è stato un insegnante severo, un amico, una persona generosa che ha sempre concesso a tutti un’opportunità, dando fiducia non senza rimproveri – ha proseguito Lai –. È stato un uomo di grande umanità, con le sue fragilità, un intellettuale che ha voluto mettere al servizio della comunità la sua ampia cultura, per dare risalto al valore della nostra identità, del nostro territorio e della nostra lingua. Ha fondato l’Istituto Camillo Bellieni nel 1989 e ne ha seguito ogni passo fino alla fine».

Di sentimenti profondamente sardisti, Michele Pinna era nato nel 1952 a Bono, la patria di Giovanni Maria Angioi, cosa della quale andava fiero. Dopo aver trascorso l’infanzia tra Bono e Bultei (paese d’adozione fino agli anni della prima adolescenza), aveva compiuto gli studi tra Nuoro, Ozieri e Firenze. Laureatosi in Filosofia aveva quindi proseguito le attività di ricerca tra Genova, Parigi e Bochum.

In questi anni ha svolto l’attività di docente in numerosi licei fino alla pensione, e ha pubblicato diversi saggi d’interesse filosofico, psico-antropologico e letterario. È stato il fondatore dell’officina Filosofica dell’Is.Be, ideata per combattere la confusione dei tempi contemporanei, con la volontà di riportare “l’attenzione su noi stessi, sulla cura di sé, degli altri e del mondo che ci circonda”.

Direttore e fondatore della rivista “Sesuja”, ha diretto numerose collane editoriali per la casa editrice Edes. Sono infinite le iniziative realizzate come direttore scientifico dell’Is.Be, tra le quali spiccano le battaglie per l’introduzione della lingua sarda nelle programmazioni di RAI Regione.

Una delle sue ultime apparizioni pubbliche era stata lo scorso luglio a Sassari per la presentazione della bozza dello Standard ortografico della lingua turritana, un importante traguardo che ha visto il Bellieni nel ruolo di coordinatore.

Prolifica anche la sua attività di poeta. Lascia un libro in fase finale di stampa dal titolo “Poetosofia” dove la prima, la regina delle sue opere, è non a caso “Dimandas”: la domanda di un poeta-filosofo che fino all’ultimo non ha mai smesso di chiedersi “il perché delle cose”.

«Non ha avuto paura di delegarci, di darci responsabilità, di affidarci ciò per cui ha lavorato una vita – ha detto infine Doloretta Lai –. La memoria rimanere nel tempo, per ciò che si è fatto e si è realizzato. Ma soprattutto per l’affetto e l’amore che si è trasmesso. Credo che chiunque lo abbia conosciuto ne porterà con sé un bel ricordo, un ricordo affettuoso».