Accordo rivoluzionario per lavoratori stagionali nel turismo italiano: premi di risultato per valorizzare e attrarre forza lavoro


Cosa succede nel resto d’Italia

L’ultimo accordo firmato dalle categorie del turismo e balneazione in Italia prevede premi di risultato per i lavoratori stagionali, allo scopo di attirare una forza lavoro sempre più difficile da reperire e valorizzare il ruolo dei collaboratori delle varie aziende. Questo accordo “storico” partirà dalla prossima stagione, offrendo premi di produttività sia in busta paga che attraverso il welfare.

Le associazioni albergatrici di Bibione, Jesolo, San Donà-Jesolo, Caorle e Portogruaro-Bibione-Caorle hanno sottoscritto l’accordo con Filcams Cgil Metropolitana Venezia, Fisascat Cisl Venezia e Uiltucs Regionale Veneto. Le parti concordano sulla necessità di promuovere premi legati agli incrementi di produttività per migliorare le condizioni contrattuali del settore, superare la precarietà e valorizzare le professionalità.

Una commissione territoriale all’Ente Bilaterale della Provincia di Venezia validerà le procedure e, al termine dell’estate, stabilirà se gli obiettivi sono stati raggiunti per l’erogazione dei premi. Il premio di risultato, variabile, sarà collegato ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, con un importo minimo di 500 euro.

Nell’ottica di fidelizzare i rapporti di lavoro stagionali, il valore del premio aumenterà a 600 euro se il lavoratore è stato nella stessa azienda nelle tre precedenti stagioni. Nel caso in cui il lavoratore scelga di convertire l’intero premio in prestazioni di welfare, il premio sarà maggiorato del 15%.

Questo accordo innovativo, unico nel suo genere a livello nazionale, evidenzia l’importanza di investire nei lavoratori stagionali nel settore turistico italiano. In un contesto in cui altre località, come Venezia, lottano contro l’overtourism, la valorizzazione del personale è fondamentale per promuovere un turismo sostenibile e di qualità in tutta Italia.




Il lavoro povero in Italia: la sfida di garantire la dignità dei lavoratori e combattere la disuguaglianza

Il fenomeno del “working poor” è stato introdotto vent’anni fa con i film di Ken Loach, rivelando al pubblico la presenza di una grande massa di lavoratori che non guadagnano abbastanza da superare la soglia della povertà. In Italia, il problema del lavoro povero è sempre più diffuso, ed è diventato una vera e propria emergenza sociale.

Uno studio commissionato dal precedente Ministro del Lavoro, Andrea Orlando, ha rivelato che un quarto dei lavoratori italiani è a rischio povertà. Considerando che gli occupati in Italia sono oltre 23 milioni, ci troviamo di fronte a una platea di 5 milioni e ottocentomila persone in grande difficoltà. I “working poor” sono rappresentati da precari, immigrati, personale a servizio della gig economy, part-time involontario, giovani del Sud e donne.

Secondo l’economista dell’Ocse, Andrea Garnero, che ha partecipato allo studio del ministero di via Veneto, il lavoro povero deriva dai bassi salari, ma soprattutto dal fatto che molti dipendenti sono costretti a lavorare meno ore di quante vorrebbero. L’Italia ha il dato più alto dei Paesi Ocse di part time involontario. A questo bisogna aggiungere il precariato, che riguarda una grande parte dei giovani e delle donne che lavorano in Italia.

Inoltre, ci sono anche 500.000 lavoratori che non solo fanno fatica a vivere dignitosamente, ma non avranno neanche una pensione sufficiente. L’indagine sui redditi dei parasubordinati, realizzata da Nidil Cgil e Fondazione Giuseppe Di Vittorio, ha portato alla luce questa emergenza sociale.

Il reddito medio di 211.000 collaboratori nel 2021 è stato di 8.500 euro lordi, con 11.000 euro per gli uomini e 7.000 per le donne, che costituiscono il 60% del totale. La fascia di età fino a 34 anni rappresenta il 48% e guadagna in media 5.700 euro, mentre gli adulti da 34 a 64 anni sono il 49% e guadagnano 11.000 euro lordi all’anno. I senior, oltre i 65 anni, sono poco più del 2% e hanno un reddito lordo annuo di quasi 15.000 euro.

Ci sono poi 341.000 professionisti che hanno portano a casa 15.800 euro lordi: 18.400 euro gli uomini e 13.200 le donne, che sono circa la metà. Le partite IVA under 34 sono il 33% e guadagnano mediamente 12.300 euro lordi l’anno, quelli tra i 35 e i 64 anni hanno un reddito lordo medio di 17.600 euro. Gli over 65 sono il 3% del totale e dichiarano circa 18.300 euro.

Il lavoro povero riguarda anche il lavoro dipendente, in cui il 30% dei lavoratori guadagna meno di 12.000 euro lordi all’anno. Elena Granaglia, docente di Economia di Roma Tre e membro del coordinamento del Forum Disuguaglianze e Diversità, evidenzia che il grosso del lavoro povero si riscontra in settori come il turismo, ma anche nei servizi alla persona. Attività così importanti come quelle svolte da chi assiste bambini, anziani e disabili vengono svalorizzate e questo è molto grave.

Il lavoro povero in Italia colpisce in modo particolare le donne e i giovani, con le donne che guadagnano meno degli uomini, soprattutto in lavori part-time. Inoltre, i giovani (tra i 16 e i 34 anni) hanno un’incidenza di bassi salari quasi doppia rispetto al gruppo più anziano (tra i 50 e i 65 anni).

Michele Faioli, docente di diritto della Cattolica e consigliere del Cnel, ricorda che su mille contratti depositati, ci sono 800 contratti pirata: sempre più datori di lavoro puntano al ribasso, oltre al problema della retribuzione mensile, questi contratti sono più deboli per quel che riguarda gli straordinari, la malattia, la maternità e in generale le tutele legate alla persona.

Un anno fa si cominciò a parlare di salario minimo a 9 euro e 50, tuttavia l’allora governo Draghi non riuscì a mettere in piedi una proposta sostenuta da tutta la maggioranza, e la premier Giorgia Meloni la settimana scorsa è andata al congresso della Cgil per ribadire il suo no al salario minimo.

La situazione in Italia sembra essere particolarmente preoccupante in confronto ad altri paesi europei. Infatti, l’Italia è l’unico paese dell’OCSE ad aver registrato un valore negativo (-2,9%) nella variazione dei salari medi tra il 1990 ed il 2020. In Francia, solo per fare un esempio, in questi ultimi trent’anni le retribuzioni sono aumentate del 31%.

Tuttavia, il lavoro povero è un problema comune a molti paesi europei, anche se la situazione è diversa a seconda dei paesi. In generale, ci sono differenze significative nel mercato del lavoro in Europa, ma il lavoro povero è un problema che colpisce molte persone in molti paesi.

Il lavoro povero in Italia rappresenta un problema serio e diffuso, che colpisce in modo particolare precari, immigrati, part time involontario, giovani del Sud e donne. La situazione è preoccupante, in quanto l’Italia è l’unico paese dell’OCSE ad aver registrato un valore negativo nella variazione dei salari medi negli ultimi trent’anni. Tuttavia, ci sono segnali positivi come le nuove norme sulla giusta remunerazione dei professionisti. È importante affrontare il problema del lavoro povero in modo serio e strutturale, affinché tutti i lavoratori italiani possano vivere con dignità e sostenere le proprie famiglie. Ciò richiede un approccio globale che includa la promozione dell’occupazione, la creazione di posti di lavoro stabili e ben retribuiti, la protezione dei lavoratori e l’adozione di politiche pubbliche efficaci per ridurre la povertà e le disuguaglianze.

il salario minimo

Il salario minimo è un tema molto dibattuto in molti paesi europei, poiché rappresenta uno strumento per garantire la giusta remunerazione dei lavoratori e combattere la povertà salariale. Il salario minimo è il salario più basso che un datore di lavoro è obbligato a pagare ai propri dipendenti per un’ora di lavoro e varia da paese a paese.

In Europa, diversi paesi hanno introdotto il salario minimo per garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori e prevenire la povertà salariale. In alcuni paesi, il salario minimo è stabilito a livello nazionale, mentre in altri paesi è stabilito a livello regionale o settoriale. Inoltre, la quantità del salario minimo può variare in base alla qualifica e all’esperienza del lavoratore.

In alcuni paesi europei, come la Danimarca, il salario minimo non è in vigore, poiché il sistema negoziale è basato su un’ampia copertura dei contratti collettivi e sulla negoziazione tra le parti sociali. In altri paesi, come il Regno Unito, il salario minimo è stabilito a livello nazionale e varia a seconda dell’età e della qualifica del lavoratore.

In Germania, il salario minimo è stato introdotto nel 2015 ed è attualmente fissato a 9,50 euro lordi all’ora. Il salario minimo in Germania è stato introdotto per prevenire la concorrenza sleale tra le imprese e garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori.

In Francia, il salario minimo è stato introdotto nel 1950 ed è attualmente fissato a 10,25 euro lordi all’ora. In Francia, il salario minimo è stabilito a livello nazionale e varia a seconda dell’età e della qualifica del lavoratore.

In Spagna, il salario minimo è stato introdotto nel 1963 ed è attualmente fissato a 7,14 euro lordi all’ora. Il salario minimo in Spagna è stato recentemente aumentato per combattere la povertà salariale e migliorare le condizioni dei lavoratori.

In Italia, il salario minimo non è attualmente in vigore, ma è stato discusso in passato come strumento per combattere la povertà salariale. L’idea di introdurre il salario minimo in Italia è stata avanzata dal precedente governo Draghi, ma non ha ottenuto il sostegno necessario.

In generale, il salario minimo è uno strumento importante per garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori e prevenire la povertà salariale. Tuttavia, il salario minimo da solo non può risolvere tutti i problemi del mercato del lavoro e della povertà. È necessario adottare una serie di politiche pubbliche efficaci per promuovere l’occupazione, creare posti di lavoro stabili e ben retribuiti, proteggere i lavoratori e ridurre le disuguaglianze.

Il salario minimo potrebbe essere paragonato a una fondamenta solida su cui costruire un edificio. Come una fondamenta, il salario minimo rappresenta una base stabile e solida su cui costruire una società equa e giusta per tutti i lavoratori. Senza una base solida, l’edificio rischia di crollare, così come senza una retribuzione adeguata i lavoratori rischiano di cadere nella povertà salariale e l’intera società rischia di essere compromessa. Il salario minimo, come la fondamenta, rappresenta quindi un elemento essenziale per garantire una società sana ed equa.

“Il salario minimo è uno strumento fondamentale per garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori e prevenire la povertà salariale. Inoltre, un salario minimo equo è un elemento essenziale per costruire una società giusta e equa per tutti i cittadini.”

Angela Merkel, Cancelliera tedesca.

“L’introduzione del salario minimo ha rappresentato un passo avanti per garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori e combattere la povertà salariale. Tuttavia, dobbiamo continuare a lavorare per migliorare le condizioni dei lavoratori e ridurre le disuguaglianze.”

Emmanuel Macron, Presidente fra

“Il salario minimo è uno strumento importante per garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori, ma da solo non può risolvere tutti i problemi del mercato del lavoro. È necessario adottare politiche pubbliche efficaci per promuovere l’occupazione, creare posti di lavoro stabili e ben retribuiti e proteggere i lavoratori.” – Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea.

europea

“Il salario minimo è un diritto dei lavoratori, non un privilegio. È essenziale garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori per prevenire la povertà salariale e garantire la dignità dei lavoratori.” – Sharan Burrow, Segretario generale della Confederazione sindacale internazionale.

Sharan Burrow, Segretario generale della Confederazione sindacale internazionale.

“L’introduzione del salario minimo è uno strumento importante per garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori, ma dobbiamo anche combattere il lavoro precario e migliorare le condizioni dei lavoratori in generale.” – Ada Colau, Sindaco di Barcellona.

Ada Colau, Sindaco di Barcellona.

I maggiori oppositori dell’introduzione del salario minimo sono solitamente le organizzazioni di rappresentanza delle imprese e alcune forze politiche che sostengono l’economia di mercato.

In particolare, le organizzazioni di rappresentanza delle imprese sostengono che l’introduzione del salario minimo potrebbe causare un aumento dei costi del lavoro e quindi ridurre la competitività delle imprese, soprattutto in un contesto di mercato globale sempre più competitivo. Inoltre, sostengono che il salario minimo potrebbe limitare la flessibilità del mercato del lavoro, impedendo alle imprese di adattarsi rapidamente alle esigenze del mercato.

Allo stesso tempo, alcune forze politiche sostengono che l’introduzione del salario minimo potrebbe avere effetti negativi sull’occupazione, soprattutto nei settori a basso reddito e nei territori meno sviluppati, dove le imprese potrebbero essere meno in grado di assorbire i costi aggiuntivi. Inoltre, sostengono che il salario minimo potrebbe causare un aumento dei prezzi e quindi una diminuzione del potere d’acquisto dei consumatori.

Gli oppositori dell’introduzione del salario minimo sostengono che esistono alternative migliori per combattere la povertà salariale e migliorare le condizioni dei lavoratori, come ad esempio la formazione professionale, le politiche di inclusione sociale e l’adozione di misure per aumentare la produttività e la competitività delle imprese.

La situazione negli stati uniti: Il salario minimo federale è stato introdotto nel 1938, durante la presidenza di Franklin D. Roosevelt, con il Fair Labor Standards Act (FLSA). Attualmente il salario minimo federale negli Stati Uniti è di $7,25 l’ora, ma molti stati e città hanno fissato un salario minimo superiore a quello federale. Ad esempio, in California il salario minimo è di $14 l’ora, mentre in New York City è di $15 l’ora. Tuttavia, alcuni settori e categorie di lavoratori possono essere esclusi dal salario minimo federale, come ad esempio i lavoratori agricoli o quelli che ricevono regolarmente mance dai clienti.

Il salario minimo è uno strumento fondamentale per garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori e combattere la povertà salariale. Tuttavia, non tutti sono a favore del salario minimo. C’è chi sostiene che l’introduzione del salario minimo possa causare una riduzione dell’occupazione e danneggiare l’economia. Ma perché allora il salario minimo è ancora un argomento così importante per i lavoratori?

In primo luogo, il salario minimo è uno strumento che aiuta a garantire una retribuzione adeguata ai lavoratori. Senza un salario minimo, i lavoratori che svolgono lavori a basso reddito o in settori precari rischiano di cadere nella povertà salariale, lottando per arrivare a fine mese e senza la possibilità di migliorare la propria situazione economica. Il salario minimo è quindi uno strumento essenziale per garantire la dignità dei lavoratori e migliorare le loro condizioni di vita.

In secondo luogo, il salario minimo è uno strumento che aiuta a combattere la disuguaglianza. In un sistema economico in cui i redditi sono sempre più polarizzati, il salario minimo può essere un modo per garantire una maggiore equità tra i lavoratori e combattere le disuguaglianze sociali ed economiche.

Inoltre, il salario minimo può contribuire ad aumentare la produttività dei lavoratori e la competitività delle imprese. Quando i lavoratori ricevono una retribuzione adeguata, sono più motivati e soddisfatti del proprio lavoro, il che può aumentare la loro produttività e contribuire al successo delle imprese.

Infine, il salario minimo è uno strumento che può avere un effetto positivo sull’economia nel suo complesso. Quando i lavoratori guadagnano di più, hanno maggiori risorse da spendere, il che può aumentare la domanda di beni e servizi e stimolare la crescita economica.

Torna la scala mobile?

Lo scorso anno : “La reintroduzione della scala mobile nel settore del lavoro: un primo passo dopo 30 anni”

Dopo anni di lotte e di richieste da parte della sinistra radicale, una breccia si è aperta e la scala mobile sembra tornare in Italia. Si tratta di un’importante novità, poiché questo strumento era stato abolito nel 1991 dal governo Amato, a causa della crisi economica dell’epoca.

La storia della scala mobile in Italia risale agli anni ’50, quando fu introdotta per garantire una maggiore equità tra i salari dei lavoratori. Nel corso degli anni, però, questo meccanismo ha suscitato molte polemiche e critiche, soprattutto per il rischio di innescare una spirale inflazionistica tra salari e prezzi.

Nel giugno 1985, il Partito Comunista Italiano promosse un referendum per cancellare il taglio di tre punti deciso dal governo di Bettino Craxi, primo passo verso l’abolizione della scala mobile. Tuttavia, la consultazione non ottenne i risultati sperati, con il 54,3% dei votanti contrari all’abrogazione della norma.

Il governo Amato, nel 1991, decise di porre fine alla scala mobile, eliminandola completamente e unendola in un’unica voce retributiva, insieme al salario base previsto dai contratti nazionali per ogni livello di inquadramento. Da allora, molti gruppi della sinistra radicale hanno chiesto la reintroduzione di questo strumento, affermando che esso possa garantire maggiori tutele ai lavoratori.

Adesso, grazie all’accordo tra l’Inail e i sindacati, si è aperta la strada per la reintroduzione, anche se parziale, della scala mobile. L’intesa riguarda l’integrativo dei 250 lavoratori dei centri di assistenza Inail di Roma, Lamezia Terme e Budrio, e si tratta di una specificità del contratto dei metalmeccanici. Molti esponenti della categoria hanno già chiesto l’ampliamento dell’accordo.

Stefano Biosa, della Fiom-Cgil, ha commentato l’accordo, affermando che si tratta di un contratto che riesce a salvaguardare il potere d’acquisto dei lavoratori, grazie a un sistema di rivalutazione automatica dei salari. L’intesa prevede l’istituzione di un fondo «indicizzato annualmente sulla base dell’inflazione, in modo da garantire il potere d’acquisto reale del salario dei lavoratori». L’80% dei dipendenti ha approvato il nuovo contratto.

In definitiva, la reintroduzione della scala mobile potrebbe rappresentare una svolta importante per i lavoratori italiani, garantendo loro maggiori tutele e un salario più equo e adeguato all’inflazione. Tuttavia, è ancora presto per capire se questa breccia si allargherà e se la scala mobile tornerà definitivamente ad essere uno strumento diffuso in Italia.

Il salario minimo rappresenta uno strumento essenziale per garantire la dignità dei lavoratori e combattere la povertà salariale. Oltre a questo, può contribuire ad aumentare la produttività dei lavoratori, combattere la disuguaglianza e stimolare la crescita economica. È importante sostenere l’introduzione di un salario minimo equo e adeguato per garantire una società più giusta ed equa per tutti.

Fausto Farinelli




La carenza di lavoratori qualificati sta frenando la crescita economica italiana

In Italia, si sta verificando una tendenza preoccupante: le aziende stanno faticando a trovare lavoratori qualificati, il che sta avendo un impatto negativo sulla crescita economica del paese. Secondo un articolo di Repubblica, molte imprese stanno avendo difficoltà a trovare personale specializzato e questo sta impedendo loro di espandersi e di sfruttare appieno le opportunità di mercato.

Secondo i dati forniti dall’ISTAT, l’occupazione in Italia è aumentata solo dello 0,1% nell’ultimo trimestre del 2022, mentre il PIL è cresciuto dello 0,4%. Ciò suggerisce che le aziende stanno avendo difficoltà a trovare lavoratori e che questo sta limitando la crescita economica del paese.

Uno dei settori che sta lottando per trovare lavoratori qualificati è quello dell’informatica. Molte aziende hanno bisogno di espandere il loro personale tecnico, ma stanno incontrando difficoltà a trovare persone con le giuste competenze. Ciò sta impedendo loro di sviluppare nuovi prodotti e servizi, limitando così il loro potenziale di crescita.

Un altro settore che sta avendo problemi è quello della meccanica. Molte aziende di questo settore hanno bisogno di ingegneri e tecnici specializzati, ma stanno lottando per trovare candidati adeguati. Questo sta limitando la loro capacità di innovare e di svilupparsi, impedendo loro di competere con successo sul mercato globale.

Il problema delle competenze insufficienti si estende anche ad altre aree, come l’agricoltura, l’edilizia e la sanità. Molte aziende stanno avendo difficoltà a trovare lavoratori qualificati in queste aree e ciò sta impedendo loro di sfruttare appieno le opportunità di mercato.

Una possibile spiegazione di questa situazione è la disconnessione tra l’offerta e la domanda di lavoro. Molte persone cercano lavoro in settori diversi da quelli in cui ci sono maggiori opportunità, e questo sta creando una carenza di lavoratori qualificati in alcune aree. Inoltre, ci sono anche problemi di formazione e di istruzione, che stanno limitando la capacità delle persone di acquisire le competenze necessarie per lavorare in settori specializzati.

Il governo italiano sta cercando di affrontare questo problema attraverso una serie di iniziative. Ad esempio, ha recentemente annunciato un programma di finanziamento per la formazione professionale, che mira a sviluppare le competenze dei lavoratori e a fornire loro le competenze necessarie per lavorare nei settori più richiesti. Inoltre, il governo sta lavorando per promuovere l’innovazione e lo sviluppo tecnologico, che potrebbero aiutare le aziende a trovare nuove soluzioni per la carenza di personale qualificato.

Tuttavia, ci sono anche sfide che il governo deve affrontare. Una di queste è quella di garantire che le iniziative di formazione professionale siano accessibili a tutti, compresi coloro che provengono da famiglie svantaggiate o che hanno difficoltà ad accedere all’istruzione superiore. Inoltre, ci sono anche problemi legati alla flessibilità del mercato del lavoro, che rendono difficile per le aziende assumere e licenziare lavoratori in base alle esigenze del mercato.

Alcuni esperti ritengono che sia necessario anche incentivare le imprese a investire di più nella formazione dei propri dipendenti. Questo potrebbe aiutare a colmare il divario tra le competenze richieste e quelle effettivamente disponibili sul mercato del lavoro.

Inoltre, il governo italiano potrebbe cercare di incoraggiare la migrazione di lavoratori qualificati da altri paesi dell’Unione Europea. Ci sono molte persone altamente qualificate in altri paesi europei che potrebbero essere interessate a lavorare in Italia, ma che non sono consapevoli delle opportunità disponibili. Attraverso campagne di marketing e iniziative di networking, il governo potrebbe aiutare a connettere questi lavoratori con le aziende italiane che cercano personale specializzato.




La Cisal Federenergia non fermerà il “grande esodo” dei lavoratori ex Esaf

Il segretario generale Maria Teresa Pisu: «Abbanoa sta finendo in braghe di tela a causa di decisioni gestionali sciagurate»

Sassari. La Cisal Federenergia non fermerà il “grande esodo” degli ex Esaf. Lo spostamento dei 450 lavoratori, da Abbanoa al cosiddetto sistema Regione, era cominciato alla fine del 2020 e ora rischia di lasciare il gestore idrico in braghe di tela. «Le nostre proposte per risolvere la questione sono cadute nel vuoto – spiega il segretario generale di Cisal Federenergia, Maria Teresa Pisu – non abbiamo intenzione di nascondere le inefficienze e la disorganizzazione dell’azienda».

«Meno di anno fa – continua Maria Teresa Pisu – avevamo proposto all’azienda di intavolare una trattativa convocando i lavoratori per venire a capo di una situazione molto complicata, offrendo una opportunità di progetto gestionale condivisibile per superare le incertezze incentivandoli a restare definitivamente in azienda. Proposta come sempre caduta nel vuoto, simile alla sorte di tante altre».

A quel punto il travaso è diventato incontrollabile, e una moltitudine di professionalità essenziali per tenere in piedi Abbanoa – periti industriali, geometri e operatori esperti, impiegati nei settori strategici aziendali come gli impianti di potabilizzazione, laboratori provinciali di analisi reflue e potabili, distribuzione reti e amministrativi – ha cominciato a fare i bagagli per entrare nel sistema regionale.

«Tutti i nodi vengono al pettine – riprende Maria Teresa Pisu – e oggi la situazione sembra irreversibile. Non c’è una strategia, manca il piano di riorganizzazione aziendale, manca la pianta organica e manca soprattutto il confronto con le organizzazioni sindacali. Questo anche perché in tutti questi lunghi anni Abbanoa ha assunto decisioni gestionali in maniera unilaterale a danno proprio dei lavoratori ex Esaf».

Infatti, negli anni i lavoratori in questione si sono visti negare le progressioni di carriera e anche gli adeguamenti economici per mancato riconoscimento del livello contrattuale superiore. «Inoltre è peggiorato la vita lavorativa – sottolinea sempre Pisu – prevedendo rientri serali per tutte le giornate lavorative a cui non hanno corrisposto diminuzioni sostanziose dell’utilizzo degli straordinari e tantomeno della produttività».

«Oggi i problemi sono più evidenti e pressanti – precisa ancora il segretario generale – Abbanoa si conferma senza un progetto gestionale a lungo termine, senza visione del lavoro futuro, senza una programmazione per gestire la riorganizzazione del personale, la sua crescita e la collocazione coerente con la realizzazione dei progetti aziendali».

Visto il permanere di estrema confusione e incertezza, il sindacato ha deciso di non bloccare o posticipare il grande esodo. «È soltanto l’ennesima scusa del gruppo dirigente – conclude il segretario generale – che vorrebbe ulteriormente schiacciare i diritti dei lavoratori vietando di scegliere tra il certo e l’incerto e tra il benessere psicofisico e lo stress quotidiano attuale».




Comunicato Stampa – DI NOLFO, CHE FINE HA FATTO IL SOSTEGNO AI LAVORATORI STAGIONALI NON RIASSUNTI? 100 GIORNI E NESSUNA RISPOSTA DALLA REGIONE SARDEGNA.

Il 16 Luglio il Consiglio Regionale della Sardegna ha approvato all’unanimità la norma cosiddetta “Salve imprese” che tra le altre cose avrebbe dovuto dare un sostegno importante ai lavoratori stagionali non riassunti.

Da quel momento in poi il governatore Solinas è completamente scomparso, incastrato nella sua stessa incapacità politica, dimenticandosi completamente di chi ha subito maggiormente la crisi economica collegata alla pandemia di Covid-19.

100 giorni di silenzio che pesano tantissimo sulle spalle di famiglie e territori particolarmente vocati a comparti lavorativi collegati alla stagionalitàCome ho già sottolineato mesi fa – il 23 Agosto per la precisione – da questo punto di vista Alghero è uno dei territori sardi maggiormente colpiti: importanti strutture alberghiere non hanno riaperto i battenti e non solo, stessa sorte è accaduta a tante piccole e medie imprese che sono la linfa economica e lavorativa della nostra città.

È palese che in città ci siano centinaia e centinaia di famiglie e di lavoratori algheresi che aspettano un diritto messo nero su bianco dal Consiglio Regionale della Sardegna che non può essere rimandato alle calende greche.

Nel consiglio comunale di oggi, 31 dicembre, ho voluto essere portavoce di queste persone e ho chiesto al Sindaco di attivarsi immediatamente nei confronti della giunta regionale sardoleghista presieduta dal suo stesso Segretario di partito. 




GUARDIA DI FINANZA: SCOPERTI 19 LAVORATORI IN NERO A LA MADDALENA E DENUNCIATE 7 PERSONE PER INDEBITA PERCEZIONE DELL’INDENNITA’ DI DISOCCUPAZIONE.

Nell’ambito dei servizi disposti dal Comando Provinciale di Sassari a contrasto del lavoro nero e irregolare, i militari della Tenenza di Palau hanno scoperto una società cooperativa di La Maddalena che esercitava l’attività di somministrazione del lavoro in assenza di requisiti e priva delle previste autorizzazioni, avendo impiegato 19 lavoratori senza alcuna copertura previdenziale ed in assenza delle previste comunicazioni della data di inizio del rapporto lavorativo.

La cooperativa, senza che fosse un’agenzia per il lavoro autorizzata dal Ministero, avrebbe assunto in nero un’impiegata, con mansioni di segretaria presso la stessa cooperativa e fornito, ad un’associazione di volontariato che si occupa di soccorso territoriale in convenzione con l’ASL 2 di Olbia, 18 lavoratori tra autisti di ambulanza e soccorritori.

Alla luce delle risultanze emerse nel corso del controllo, alla cooperativa e all’associazione di volontariato sono state contestate violazioni con relative sanzioni, per ogni esercizio non autorizzato dell’attività di somministrazione di lavoro, per complessivi 33 mila euro mentre nei confronti della sola cooperativa sono state elevate sanzioni per oltre 115 mila euro per aver occupato i lavoratori senza nessuna formale assunzione e per aver omesso il versamento dei contributi previdenziali.

 

Le Fiamme Gialle hanno infine denunciato a piede libero, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tempio Pausania, 7 delle 19 persone occupate “in nero”, per false dichiarazioni inerenti il proprio stato di “disoccupato” e per aver indebitamente percepito la relativa indennità.

L’attività svolta testimonia l’impegno della Guardia di Finanza a tutela dei lavoratori e delle aziende oneste che quotidianamente operano nel rispetto delle regole facendo i conti con la concorrenza sleale.




ASSEMBLEA lavoratrici/lavoratori POLICLINICO SASSARESE

in relazione agli incontri regionali nelle sedi dell’Assessorato a lavoro e sanità, ultimo dei quali svoltosi ieri e che ha visto la partecipazione degli Assessori ZEDDA e NIEDDU, il Direttore dell’Aspal TEMUSSI, il Curatore fallimentare CERESA, la delegazione Labor PETRUZZI e le OO.SS. …:
 MERCOLEDI’ 8 dalle ore 18,30, p.sso il salone “GIORDO” della CISL – via 4 novembre 57
terremo una assemblea con tutte le lavoratrici e lavoratori del POLICLINICO Sassarese per un aggiornamento/confronto sullo stato dell’arte della trattativa in corso, oggetto della quale sarà l’avvio ufficiale della procedura di trasferimento delle attività ospedaliere (vedi allegato) e con essa le condizioni di ipotesi di accordo sul riassorbimento del personale. Confronto che dovrebbe concludersi con la riunione del giorno 8 ottobre p.v. a Cagliari.



INVITO alla STAMPA: ASSEMBLEA lavoratrici e lavoratori Policlinico Sassarese

ASSEMBLEA LAVORATRICI e LAVORATORI
casa di cura Policlinico Sassarese  
indetta da Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl
venerdì 7 giugno dalle ore 9,30 alle ore 11,30, sede della CGIL in via Rockfeller
salone del centenario – camera del lavoro
La discussione verterà sul percorso cominciato a fino dello scorso anno con lo storico accordo tra OO.SS. Fp CGIL, CISL Fp, UIL Fpl, CONFINDUSTRIA, Direzione del POLICLINICO e Curatore fallimentare, grazie al quale l’Inps ha autorizzato l’erogazione degli assegni a sostegno del reddito (FIS); seguito poi dai recenti incontri in sede regionale con gli ASSESSORATI  a lavoro e sanità, dove siamo riusciti a garantire un ulteriore copertura economica ed occupazionale avvalendoci delle c.d. “politiche attive”, soluzione che ha visto entrambi gli Assessorati proporre alla GIUNTA regionale la deliberazione a firma congiunta, finalizzata non solo a scongiurare 120 licenziamenti, ma anche e sopratutto evitare speculazioni in occasione del bando di gara.
Certe della vv.ss. presenza porgiamo, Cordiali Saluti.
le Segreterie Territoriali 
Fp Cgil, Paolo Dettori – Cisl Fp, Antonio Monni – Uil Fpl, Augusto Ogana



Iglesias,SCOPERTI NOVE LAVORATORI IN NERO in un ristorante

Le Fiamme Gialle della Tenenza di Iglesias, nell’ambito delle attività di contrasto al lavoro nero ed irregolare, hanno concluso un controllo nei confronti di un’attività commerciale di Iglesias operante nel settore della ristorazione.

L’attività ispettiva è scaturita dall’intensificazione dei controlli finalizzati alla verifica del pieno rispetto della normativa a tutela dei lavoratori e della leale concorrenza tra operatori economici.

All’atto dell’accesso i militari hanno controllato e intervistato le sedici persone intente a svolgere le loro attività lavorative e successivamente hanno proceduto ad un confronto con la documentazione obbligatoria.

 

A conclusione degli approfondimenti necessari, al titolare dell’esercizio è stato contestato l’impiego di 9 lavoratori (il 56% della forza lavoro impiegata) sprovvisti della regolare copertura contributiva e assicurativa e, pertanto, è stato destinatario di sanzioni amministrative comprese tra i 1.800 e i 10.800 Euro per ciascun lavoratore.

Inoltre l’esercizio commerciale controllato è stata segnalato al competente Ispettorato Territoriale del Lavoro per l’applicazione della sanzione della sospensione dell’attività imprenditoriale, in quanto il personale in nero individuato è risultato essere in misura superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti.

Il contrasto al lavoro nero o irregolare rientra tra le funzioni di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza, mira ad assicurare le entrate sotto il profilo fiscale, assistenziale e previdenziale, a tutelare da un lato il lavoratore contrastando ogni forma di sfruttamento garantendogli ogni forma di assistenza in caso di infortunio dall’altro gli imprenditori ed i commercianti onesti che rispettano tutti gli adempimenti previsti dalle normative in materia fiscale e di lavoro.

Nello specifico settore, dall’inizio dell’anno, sono 45 i lavoratori in nero scoperti dalla Guardia di Finanza e 2 quelli irregolari.




SEQUESTRATI 3 VIDEOPOKER E INDIVIDUATI 2 LAVORATORI IN NERO.

Le Fiamme gialle della Tenenza di Sarroch, negli ultimi giorni, hanno concluso un’attività in materia di contrasto al gioco illegale nei confronti di un esercizio pubblico operante in Capoterra.

Il target selezionato è stato individuato a seguito di un’analisi delle informazioni presenti nelle banche dati in uso alla Guardia di Finanza, incrociate con le informazioni acquisite durante le quotidiane attività di controllo economico del territorio.

Il controllo si è sostanziato sul riscontro del possesso delle autorizzazioni all’installazione degli apparecchi da gioco e intrattenimento e sul loro corretto utilizzo rilasciate dall’Autorità di Pubblica Sicurezza e dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Stato.

Al termine delle operazioni i Finanzieri hanno proceduto alla denuncia a piede libero del titolare dell’esercizio pubblico per i reati di esercizio del gioco d’azzardo e truffa in quanto all’interno del locale sono stati rinvenuti 3 videopoker non collegati alla rete telematica dell’Amministrazione dei Monopoli di Stato, riproducenti giochi d’azzardo vietati.

Per quest’ultima violazione è stata inoltre contestata la violazione dell’articolo 110 del Testo Unico sulle Leggi di Pubblica Sicurezza che prevede l’irrogazione della sanzione amministrativa da 1.000 a 6.000 euro per ciascun apparecchio non conforme.

Nell’occasione sono stati sequestrati i tre congegni irregolari e la somma di 1.631 euro rinvenuta all’interno dei videogiochi.

Nell’ambito dello stesso servizio, all’atto dell’intervento, le Fiamme Gialle hanno altresì provveduto a controllare anche il corretto adempimento delle disposizioni in materia di assunzioni, verificando la posizione delle due lavoratrici identificate all’interno del locale intente a prestare la loro attività di bariste.

L’incrocio e l’esame delle informazioni acquisite presso l’attività commerciale con le risultanze emerse dalla consultazione delle banche dati dell’Ispettorato territoriale del Lavoro e degli Enti previdenziali ha consentito di rilevare che le lavoratrici figuravano prive di qualsiasi regolarizzazione formale del rapporto di impiego, sia sotto il profilo contributivo che assicurativo, circostanza questa che, oltre a costituire illecito amministrativo, non assicura ai lavoratori alcuna forma di tutela ed assistenza in caso, ad esempio, di infortunio.

Il responsabile dell’attività commerciale è stato quindi diffidato a regolarizzare il personale dipendente trovato privo di contrattualizzazione ed è stato altresì destinatario di una sanzione amministrativa da 1.800 a 10.800 euro per ogni lavoratrice in nero.

Nello specifico settore del contrasto al lavoro nero ed irregolare, dall’inizio dell’anno, sono 32 i lavoratori in nero scoperti dalla Guardia di Finanza e 2 quelli irregolari.