La gogna mediatica sulla ristoratrice di San Pantaleo: quando la stampa condanna senza prove!!
di Fausto Farinelli
L’omicidio di Cinzia Pinna, avvenuto a Palau nella residenza di Emanuele Ragnedda, è una tragedia che avrebbe richiesto rispetto e sobrietà. Invece, la cronaca si è trasformata in una gogna mediatica, con la ristoratrice di San Pantaleo — estranea ai fatti — messa ingiustamente al centro di sospetti e insinuazioni da parte di troppi giornali e trasmissioni televisive.
La cronaca nera, lo sappiamo, fa vendere: sangue, dolore e sospetti portano click, copie e ascolti. Ma ciò che è accaduto dopo il delitto di Palau ha superato ogni limite. Non bastava raccontare il dramma e attendere l’esito delle indagini: una parte consistente della stampa ha scelto di insinuare, forzare, creare un colpevole “di contorno”, trasformando la vita di una donna innocente in materiale da spettacolo.
La ristoratrice di San Pantaleo è stata travolta da microfoni, telecamere, titoli e insinuazioni costruite con il condizionale — “avrebbe”, “sarebbe”, “potrebbe” — termini usati non per informare, ma per lanciare ombre e sospetti senza mai assumersi la responsabilità di un’accusa diretta. È un linguaggio subdolo e vigliacco che finge prudenza ma in realtà avvelena la reputazione di chi ne è bersaglio.
Questa non è informazione, è un vergognoso reality del dolore. È l’ennesima dimostrazione di come troppi quotidiani e trasmissioni televisive abbiano smarrito il senso del limite, trasformandosi in arene dove la vita privata delle persone diventa intrattenimento, e il dolore si riduce a merce da vendere.
E allora, a voi giornalisti e conduttori, ma soprattutto editori, “moralmente distratti”, va rivolta una domanda che non ammette scuse: se fosse la vostra vita privata a essere violata, se fosse il vostro volto sbattuto in prima pagina, se foste voi a subire un processo mediatico senza prove, come reagireste? E come giudichereste i vostri stessi colleghi che vi hanno condannato in diretta?
Il delitto di Palau è un fatto gravissimo, e la verità spetta alla giustizia. Ma quando l’informazione dimentica la sua funzione e diventa strumento di gogna, non solo tradisce gli innocenti, ma infanga la memoria delle vittime e distrugge la dignità del giornalismo stesso.
Perché chi condanna senza prove non fa cronaca: fa solo spettacolo. E chi trasforma il dolore in spettacolo non è giornalista, è un mercante di tragedie.
Un invito a tutte le lettrici e i lettori: non cadete nel tranello di questo giornalismo sciatto, boicottate chi tenta di boicottare la vostra mente.