Renato Soru a Lodine: Un Invito al Coraggio e all’Innovazione contro lo Spopolamento
Durante un incontro a Lodine, Renato Soru propone soluzioni innovative per affrontare le sfide dello spopolamento e della denatalità in Sardegna.
In un appuntamento significativo a Lodine, Renato Soru ha trascorso il pomeriggio di domenica 19 novembre discutendo con i cittadini le problematiche dello spopolamento e della mancanza di servizi essenziali in Sardegna. L’evento, dal titolo “Paesi in rete: la città diffusa nel territorio”, ha messo in luce le sfide comuni ai paesi dell’interno sardo, con un’audience particolarmente coinvolta.
Durante l’incontro, Soru ha sottolineato la grave perdita demografica in Sardegna, che negli ultimi dieci anni ha visto una diminuzione di 85mila abitanti. Ha evidenziato come lo spopolamento favorisca un uso esterno del territorio per servitù diverse, tra cui quelle energetiche e forestali, oltre a quelle militari già esistenti.
La proposta di Soru si concentra sull’apertura dei paesi all’immigrazione, sull’investimento in istruzione, nuove tecnologie, fibra ottica, digitalizzazione dei servizi, medicina territoriale e trasporto pubblico locale. Queste misure mirano a facilitare il trasferimento generazionale in settori chiave come l’agricoltura, l’allevamento e l’artigianato.
Soru invita a un coraggioso accoglimento di nuove famiglie, non solo per sostenere il settore agricolo e dell’allevamento, ma anche per rafforzare i servizi di cura alle persone. Inoltre, sottolinea l’importanza dell’istruzione e delle infrastrutture digitali per lo sviluppo delle imprese moderne basate sull’innovazione e sulla ricerca.
Queste proposte, secondo Soru, rappresentano un’opportunità non solo per la sopravvivenza dei paesi sardi, ma anche per contrapporsi alle nuove forme di sfruttamento del territorio. La visione di Soru per una Sardegna resiliente e innovativa mette in primo piano la responsabilità di ciascuno nella costruzione di un futuro migliore per la regione.
“Martis in poesia” ricorda Deledda e Carta: dalle donne di Sardegna la coscienza di comunità come antidoto allo spopolamento
Lucia Sechi (a sinistra) e Daniela Masia
MARTIS. “Ci sono donne che hanno lasciato segni profondi, che si sono poste come simbolo della propria comunità coltivando la ricerca di se stesse e delle proprie origini, sospinte da una forza originaria che in queste comunità rappresenta un forte elemento di coesione. Una coscienza sociale che è anche il principale antidoto contro lo spopolamento, al di là delle eventuali opportunità di lavoro e di benessere”. Così Michele Pinna, direttore scientifico dell’Istituto Camillo Bellieni, ha analizzato il senso delle profonde riflessioni dedicate a due straordinarie donne di Sardegna come Grazia Deledda e Maria Carta.
Due figure iconiche sulle quali si è concentrata la V edizione di “Martis in poesia”, inserita quest’anno come evento conclusivo del festival letterario Etnos. La manifestazione è stata realizzata a porte chiuse a causa della situazione sanitaria e trasmessa dal centro polivalente in diretta streaming su skype e sulla pagina facebook di Etnos.
Dopo le introduzioni dell’operatrice culturale Francesca Sini e del sindaco di Martis, Tiziano Lasia, l’evento ha preso il via attraverso il monologo teatrale “Viaggio sotto la luna” di Isabella Mastino, nel quale la studiosa, in un crescendo incalzante e appassionato, ha guidato l’ascoltatore tra i sentimenti, i tormenti e le vicende narrate nelle opere della scrittrice premio Nobel, concentrandosi in particolar modo sul romanzo “Nostalgie”, uno dei meno conosciuti e al contempo più belli della Deledda. Il monologo trova il suo riferimento diretto in due libri della Mastino, “Ma io non vedevo quella luna-Breve antologia di Grazia Deledda e “Il viaggio-breve antologia di Grazia Deledda” volume secondo, pubblicati da Alfa Editrice.
Isabella Mastino
La seconda parte della serata è proseguita con le analisi di Lucia Sechi e Daniela Masia, studiose ed esperte della lingua e cultura sarda, che hanno analizzato i testi di Grazia Deledda e Maria Carta utilizzando il sardo come lingua veicolare.
L’intervento di Lucia Sechi, a partire dall’esposizione dei più significativi tratti biografici della Deledda, ha inquadrato la profonda esigenza della scrittrice di affrancarsi dall’ambiente familiare e cittadino. Una condizione che era divenuta al contempo la sua forza ispiratrice, dalla quale attingeva per realizzare le trame delle sue opere. La Sechi ha ricordato alcuni brani del romanzo autobiografico “Cosima”, dai quali emergono i sacrifici di una donna che intendeva realizzarsi in un contesto fino ad allora riservato esclusivamente agli uomini.
Quanto più la Deledda cercava di allontanarsi dalla Sardegna, tanto più finiva per restarne intrappolata da un punto di vista letterario. Come ha ben posto in evidenza Daniela Masia, la maturazione della scrittura cresceva con la coscienza che lei attuava di se stessa: nell’asprezza dei personaggi c’è sempre una rappresentazione dei componenti della sua famiglia; la lirica e l’epica nella descrizione dei protagonisti nascono dall’intimità del suo mondo privato, riproposto in una cornice più alta ispirata in primis dalla letteratura russa che aveva scoperto nella biblioteca di famiglia.
Figura diversa ma altrettanto significativa è stata quella di Maria Carta, la cui voce è stata ricordata come rappresentativa di suggestioni senza tempo: dall’infanzia nel paese di Siligo dove il suo canto rituale, da bambina inconsapevole, era il suo modo di esorcizzare la paura, fino alle esibizioni sui palchi e quindi nelle trasmissioni televisive di visibilità nazionale. Poi il suo lavoro di ricerca sul campo, alla riscoperta di quel patrimonio culturale, dei melismi e delle sensibilità che non è possibile riportare sul pentagramma.
In chiusura di serata il direttore artistico Nanni Campus, rifacendosi alle parole di Michele Pinna, ha ribadito quanto sia importante, per chi si occupa di cultura in Sardegna, ricostruire il tessuto simbolico, e ha perciò rimarcato l’importanza di progetti come Etnos per restituire alle piccole comunità un profondo senso identitario. “Martis in poesia” è organizzato dall’Istituto Camillo Bellieni assieme all’Amministrazione comunale di Martis, in collaborazione con la Pro Loco di Martis e con l’associazione Elighe Aps, e il sostegno della Regione Autonoma della Sardegna.
Francesca Sini (a sinistra) e Michele Pinna
Rete delle Associazioni, parte da Badde Salighes la mobilitazione per restituire centralità alle zone interne
BOLOTANA. Le parole chiave sono “centralità delle zone interne”, “parità di diritti e pari opportunità di sviluppo”, “alleanza tra città e paesi” e una “forte mobilitazione”. Mentre la società civile appare sempre più frammentata e conflittuale, il mondo dell’associazionismo sardo si riunisce per la prima volta attorno a un progetto fondamentale per il futuro della Sardegna: restituire voce al cuore dell’isola e riportare nell’agenda operativa il drammatico tema dello spopolamento. Un tema inquadrato come “la vera questione sarda”.
La “Rete delle Associazioni – Comunità per lo sviluppo” ci aveva provato il 21 marzo del 2020 a Macomer e poi il 19 settembre a Sorradile, senza riuscirvi a causa della pandemia. Quindi il 26 giugno scorso trentasette associazioni tra le più importanti e rappresentative della Sardegna si sono date appuntamento nel parco di Badde Salighes a Bolotana per suggellare una solida alleanza con l’obiettivo di stimolare e motivare la politica, i cittadini e le imprese a trovare le soluzioni e a realizzare le riforme per l’inversione di rotta.
UN MOMENTO STORICO. L’incontro – realizzato in collaborazione con l’associazione Badde Salighes 1879, che ha curato l’accoglienza e la logistica – è stato caratterizzato da una forte partecipazione di rappresentanze associazionistiche, soprattutto di giovani, per una data definita storica dal presidente protempore Fausto Mura: “È un fatto storico, politico e culturale di enorme rilevanza per tutta la Sardegna – ha affermato Mura – forse il fatto politico più importante nella storia dell’autonomia dopo i tempi dei Piani di Rinascita”.
Non a caso si è parlato di zone interne come “meridione” dell’isola e di “diritti negati” per chi abita questi territori, in riferimento alla salute, all’istruzione e la formazione, la mobilità e il soprattutto il lavoro per i giovani (3500 sono emigrati solo nel 2018).
Tra gli obiettivi principali da perseguire ci sono la fiscalità di vantaggio e la zona franca rurale, l’abbattimento della burocrazia, l’introduzione di reti a banda larga e la connettività, il piano casa e il recupero degli edifici disabitati.
MOBILITAZIONE. L’idea è quella di attivare attorno a queste problematiche una grande mobilitazione culturale, politica e sociale, in primis di cittadini e di comunità e quindi del mondo accademico e del sistema delle imprese. “L’alleanza tra città e paesi” sarà fondamentale affinché il modello urbano e quello rurale possano integrarsi per una crescita coordinata di tutta l’isola.
Dopo la fase introduttiva, l’incontro ha visto intervenire un gran numero di rappresentanti di associazioni provenienti da tutta la Sardegna. Tra queste anche l’Anci, che è entrata ufficialmente a far parte del ricco parterre della rete. L’appuntamento è stato occasione per costituire gruppi di lavoro allo scopo di aggiornarne il Manifesto, anche alla luce delle nuove realtà e degli imponenti flussi finanziari che saranno disponibili attraverso il Recovery fund e gli altri fondi europei.
PROSSIMI APPUNTAMENTI. La Rete che nasce come “movimento di popolo” resta così un cantiere aperto senza colore politico, impegnato però a fare politica affrontando i problemi reali della società. Lo scopo è quello di costruire una Sardegna sostenibile da un punto di vista sociale, ambientale, economico e intergenerazionale nella prospettiva della transizione digitale e green.
La scadenza degli obiettivi futuri è prefissata a tre e sei mesi, periodo in cui la Rete delle Associazioni dovrà manifestare le proprie progettualità e quindi, entro la fine dell’anno, pianificare un grande evento il cui titolo, “Riabitare la Sardegna”, è esplicativo dei propositi intrapresi.
Il presidente protempore Fausto Mura
Padria, con la “Coscienza di paese” si combatte lo spopolamento
Grande partecipazione all’ex Convento Francescano per l’iniziativa culturale promossa dall’Istituto Camillo Bellieni insieme all’Amministrazione comunale
PADRIA. Non c’è futuro senza radici. Occorre riscoprire la propria coscienza di comunità per acquisire la forza di combattere lo spopolamento. Una forza che risiede nel proprio cammino e che viene da una lunga storia fatta di piccoli e grandi uomini capaci, con il proprio esempio, di dare lezioni di vita, di etica, di umanità. Gli stessi uomini che sabato all’ex convento Francescano sono stati ricordati dagli studiosi Michele Pinna, Stefano Alberto Tedde e Giuseppe Zicchi nel corso del convegno intitolato “Coscienza di paese – personaggi e vicende padriesi”, suscitando l’interesse attento e partecipe della popolazione.
L’iniziativa, organizzata dall’Istituto di studi e ricerche Camillo Bellieni in collaborazione con l’Amministrazione comunale, ha permesso di conoscere figure importanti come il teologo Pietro Paolo Prunas, gli accademici Giovanni Antonio Virdis, Giovanni Pinna Farrà e Carlino Sole, ma anche artisti come il celebre “cantadore” Gavino De Lunas, professionisti del dopoguerra come gli esponenti sardisti Salvatore Sale, Antonio Cambule e Totoi Mura e l’ex insegnante e politico Orazio Porcu. I relatori hanno saputo tenere alta l’attenzione facendo ampi riferimenti ad aneddoti, fonti d’archivio e inediti autografi.
«La mancanza di lavoro non è l’unico motivo per cui i paesi si spopolano – ha spiegato Michele Pinna, direttore scientifico Is.Be – ci sono fattori che vanno al di là del mero aspetto economico, e sono legati alla coscienza collettiva, alla capacità di riscoprire il proprio valore in quanto comunità».
Il sindaco Alessandro Mura e l’assessora alla Cultura Pangela Dettori hanno espresso compiacimento per l’ottima riuscita dell’iniziativa. «Stiamo puntando da tempo a riscoprire la memoria rafforzando il tratto identitario – ha affermato il primo cittadino –. Ci accorgiamo che la gente partecipa con interesse e con vivo entusiasmo a queste manifestazioni, proprio perché si parla degli antenati che hanno reso onore al nostro paese».
A conclusione dell’evento è intervenuto a sorpresa Orazio Porcu, l’unico personaggio padriese ancora in vita tra quelli ricordati durante il convegno. Al fianco della presidente del Bellieni, Maria Doloretta Lai, Porcu ha raccontato gli esordi nella vita politica a Padria, il ricordo delle piccole cose all’apparenza insignificanti ma che stanno alla base della nostalgia, e le esperienze di vita, di insegnante e di politico.
Porcu ha rivolto l’invito a indagare figure di illustri cittadini di passaggio, come Stanis Dessì, che negli anni della guerra fu sfollato proprio a Padria. Poi un secondo invito all’Amministrazione comunale, affinché il Museo Civico possa essere intitolato a Carlino Sole, meritevole di aver recuperato tanti reperti storici. La manifestazione è inserita tra le attività che celebrano il trentennale della fondazione dell’Istituto Bellieni.
Pubblico delle grandi occasioni al concerto Logos: da Asuni un forte messaggio di resilienza
L’iniziativa culturale contro lo spopolamento ha salutato l’inversione del trend demografico negativo ultradecennale e inaugurato la nuova vita a cielo aperto dell’ex Salone parrocchiale
ASUNI. Pubblico delle grandi occasioni, tante emozioni e per tetto un cielo di stelle. Così si è presentato lo scorso weekend ad Asuni il concerto multimediale “Logos” ideato da Alberto Masala, un’occasione straordinaria per lanciare un messaggio contro lo spopolamento e, allo stesso tempo, far rivivere l’antica chiesa (ora sconsacrata) di piazza Dante dopo circa quarant’anni di abbandono.
La fascinosa struttura già adibita a salone parrocchiale, è stata recuperata da edificio fatiscente e ristrutturata senza l’inserimento della copertura, assumendo l’aspetto di un complesso architettonico unico nel suo genere.
La sala ha mostrato tutte le potenzialità di un’acustica straordinaria, grazie a uno spettacolo emozionante, un racconto sublime e poetico dell’anima del paese. In perfetta sinergia con le note dei clarinetti di Marco Colonna e i versi di Savina Dolores Massa, i volti degli abitanti e i vuoti delle case abbandonate sono apparsi sul maxischermo, come in un film, nelle immagini di Nanni Angeli. Sono circa ottanta i ritratti realizzati, che sono stati consegnati in formato fotografico a tutti i protagonisti.
Il salone gremito di pubblico durante il concerto
La massiccia presenza di pubblico ha decretato un forte messaggio di resilienza in un momento in cui, per la prima volta dopo oltre quarant’anni, il trend demografico si è finalmente invertito, portando l’incremento di due nuove unità nell’ultimo anno. Certo è un piccolo segnale, ma che fa ben sperare per il futuro di un borgo di circa 340 anime.
La popolazione ha aderito in gran numero non solo per seguire l’atteso spettacolo, ma soprattutto per manifestare i propri sentimenti d’appartenenza a una comunità che resiste con orgoglio nonostante l’emigrazione di massa degli ultimi decenni.
Il sindaco Gionata Petza introduce l’evento culturale
“Oggi non vogliamo più parlare di spopolamento – ha affermato il sindaco Gionata Petza in apertura di serata –. Dobbiamo guardare avanti e far capire a tutti perché siamo ancora qui: ed è perché ci si vive benissimo. Sono felicissimo che siamo così numerosi, è davvero un gran bel segnale”.
Il concerto Logos è l’ultimo di una serie di riuscitissime iniziative artistico-culturali portate avanti dall’Amministrazione comunale negli ultimi mesi in collaborazione con il MEA – Museo dell’emigrazione, grazie a un finanziamento dell’assessorato regionale alla Cultura nell’ambito della Rete dell’emigrazione sarda.