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Roma, 1 Nov. 2025 – redazione online

La seguente intervista integrale illustra la visione e i principi fondanti di Rinascita Democratica, il movimento che si ispira all’etica e al pensiero di Enrico Berlinguer, adattandoli ai tempi moderni.

 Coordinatore Siniscalchi, nasce Rinascita Democratica. Da dove parte questo nuovo movimento?

 Parte da una constatazione semplice ma profonda: la sinistra italiana ha smarrito la sua identità. La politica è diventata marketing, le parole sono slogan, e la gente non crede più a chi parla di giustizia o uguaglianza perché troppo spesso queste parole sono state usate per coprire il vuoto. Rinascita Democratica nasce per ricostruire la credibilità morale e popolare della sinistra, partendo da ciò che l’ha resa grande: il lavoro, l’onestà, la cultura e la solidarietà.


Il nome “Rinascita Democratica” richiama direttamente la tradizione di Enrico Berlinguer. È una scelta voluta?

Assolutamente sì. Berlinguer rappresenta il punto più alto della politica come etica. Non lo evochiamo per nostalgia, ma perché la sua lezione è ancora la risposta più attuale al vuoto politico e morale di oggi. La sua idea di “questione morale” è più viva che mai: senza coerenza e trasparenza non esiste progresso sociale. Vogliamo raccogliere quell’eredità e aggiornarla ai tempi presenti.


Qual è, concretamente, la missione di Rinascita Democratica?

 Restituire dignità al lavoro e alla politica. Non ci interessano le poltrone né le rendite di posizione. Vogliamo una sinistra etica, popolare e sostenibile: un’economia centrata sulle persone, una scuola che liberi, una politica ambientale che non sia bandiera ma cultura quotidiana. Una sanità totalmente pubblica capace di rendere giustizia ai malati e agli operatori sanitari.


 Molti cittadini sono disillusi. Cosa direbbe a chi non crede più nella politica?

 Capisco quella disillusione. Ma se le persone oneste si allontanano, il vuoto viene riempito da chi usa la politica per interesse. Rinascita Democratica vuole essere un luogo di riscatto civile, dove chi si è stancato possa tornare a sentirsi parte di qualcosa di giusto e pulito.


 Qual è la differenza tra Rinascita Democratica e la sinistra attuale?

La differenza è nel metodo e nei valori. Non rincorriamo la destra sul terreno del consenso facile. Non facciamo campagne di immagine, ma campagne di coscienza. Vogliamo rimettere la politica al servizio dei cittadini, non delle correnti.


 Il vostro manifesto parla di “retribuzione giusta e garantita” invece di “salario minimo”. Perché questa scelta?

 Perché il termine “salario minimo” è diventato uno slogan svuotato. Noi vogliamo tornare al principio morale: ogni persona deve poter vivere del proprio lavoro con dignità. La giustizia salariale non è un parametro tecnico, è un diritto umano.


 Dottor Siniscalchi, che rapporto avete con i sindacati e, in particolare, con Maurizio Landini?

Il problema non è il sindacato, ma la sua autoreferenzialità. Doveva essere la voce del lavoro, ma oggi appare spesso un apparato stanco, chiuso nei propri riti. Landini è un uomo coerente, ma politicamente isolato, prigioniero di una visione che non rappresenta più il mondo del lavoro reale. È rimasto ancorato a una classe operaia che non esiste più, senza comprendere le nuove fragilità dei lavoratori precari, autonomi, digitali. Il sindacato dovrebbe evolversi, non difendere se stesso. Rinascita Democratica vuole parlare ai lavoratori veri, non agli apparati del lavoro.


 Dottor Siniscalchi, perché secondo lei il Partito Democratico non riesce a fare il salto di qualità?

 Perché il PD è un partito schiacciato dalle proprie ambiguità. Non sa se essere forza popolare o laboratorio d’élite. La leadership di Elly Schlein nasce più da un desiderio di cambiamento simbolico che da un consenso reale dentro il partito. È stata eletta da un pubblico esterno, non dagli iscritti storici, e questo ha creato una frattura linguistica e culturale. Elly è una persona preparata e onesta, ma non parla ancora la lingua degli elettori del PD, di chi vive il lavoro, la periferia, la difficoltà quotidiana. È qui che noi vogliamo intervenire: Rinascita Democratica vuole ricucire quella distanza tra politica e popolo.


Perché i giovani dovrebbero guardare con interesse a Rinascita Democratica?

Perché Rinascita Democratica non è un partito chiuso nei palazzi, ma un laboratorio di futuro. Ai giovani dico: non aspettate che il mondo cambi per voi. Siate voi il cambiamento, anche quando non vi piace. Abbiate il coraggio di essere curiosi, di non fidarvi delle risposte pronte, di mettere in discussione tutto — anche noi. La politica non è vecchia, è vecchio il modo in cui viene fatta. Vogliamo che i giovani portino linguaggi, idee, rabbia e sogni. La vera rinascita non si eredita: si costruisce insieme.


Le differenze con la sinistra esistente

Perché fondare un nuovo movimento se esistono già PD, M5S e AVS?

 Perché nessuno di questi soggetti parla più davvero al popolo. Il PD è diventato un grande contenitore senz’anima, il M5S ha smarrito la coerenza, AVS parla solo a una parte del Paese. Rinascita Democratica nasce per colmare questo vuoto: una sinistra popolare, etica e civile che unisce lavoro, ambiente e giustizia sociale.


 Cosa vi distingue dal Movimento 5 Stelle?

 Il M5S è nato come protesta, noi come progetto. Loro intercettano la rabbia, noi accendiamo la speranza. Non crediamo nella politica dei nemici, ma degli esempi. La rabbia scuote, non costruisce: noi vogliamo costruire.



 E dal Partito Democratico?

Il PD non sa più chi è. È la somma di culture che non hanno trovato una sintesi morale. Parla bene ma non scalda i cuori. Noi riportiamo la politica a essere sentimento civile, non burocrazia elettorale.


 E dall’Alleanza Verdi e Sinistra?

Condividiamo la centralità dell’ambiente, ma rifiutiamo il moralismo. Proponiamo un ambientalismo popolare che includa chi lavora e chi produce: difendere la natura e creare lavoro non sono in contrasto, se la transizione è giusta.