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Grido d’allarme al convegno “Missing – vite sospese” organizzato dall’associazione culturale Ammentu di Sassari in diretta streaming con l’avvocato Gianfranco Piscitelli, la psichiatra Alessandra Nivoli e il generale Luciano Garofano

Secondo gli esperti occorre maggiore prevenzione, formazione, specializzazione e coordinamento interforze

 

Alessandra Nivoli (a sn), Luciano Garofano e Gianfranco Piscitelli (a dx)

SASSARI. «Se è vero che la Sardegna è Italia, allora con lo stesso impegno, le stesse metodologie e le stesse risorse devono essere cercati anche gli scomparsi sardi come nel resto del continente». L’appello dell’avvocato Gianfranco Piscitelli arriva come un fendente che squarcia il velo di silenzio sulle carenze presenti nell’isola in materia di persone scomparse. Una mancanza che spesso è alla base dell’inefficacia negli interventi di ricerca.

Al fianco della psichiatra Alessandra Nivoli e in collegamento video con il generale Luciano Garofano, il penalista del foro di Bari ha elencato una precisa serie di punti deboli e omissioni nelle strategie adottate. Occasione di dibattito è stato “Missing – Vite sospese”, primo convegno a tema mai realizzato nell’isola, moderato dall’avvocato Roberto Vannini del Foro di Sassari e organizzato dall’associazione culturale Ammentu presieduta da Mariella Usai. Un incontro a porte chiuse, con la partecipazione del giornalista Emanuele Floris, promosso in modalità streaming a causa dell’emergenza Covid.

Per Piscitelli ci sono scomparsi di serie A e di serie B, e quelli sardi sono innegabilmente al secondo posto. Tra le criticità individuate in Sardegna, già presentate dal legale al tavolo del Commissario di Governo, c’è il mancato utilizzo di cani molecolari appositamente addestrati (cadaver dogs), fatti intervenire raramente in Sardegna a causa del costo elevato per il trasporto e il trasferimento. Lo stesso vale per la disponibilità di strumenti specifici come georadar e droni manovrati da personale qualificato. Occorre pertanto formazione e specializzazione.

Più volte è stato rimarcato come le ricerche effettuate dai gruppi di volontari, per quanto lodevoli, in molti casi confondano le piste amplificando i problemi. Basti ricordare il caso di Pietro Cuccu, il cui scheletro fu ritrovato dopo un anno a soli cinquecento metri da casa, nonostante in quel luogo fosse passato a cercarlo un gran numero di persone.

Secondo Luciano Garofano, già comandante dei Ris di Parma, si dovrebbe puntare sulla selezione, la formazione e l’esclusività degli incarichi. Ma soprattutto sulla tempestività d’intervento e sul coordinamento interforze che, a suo dire, risulta fin troppo carente non solo in Sardegna. Sul primo punto importanti risultati sono arrivati grazie alla legge 203/2012, prima della quale solo i familiari stretti potevano denunciare la scomparsa di un individuo dopo un tempo di 48/72 ore.

Sul secondo punto c’è ancora tanto da fare: «Occorrerebbe mettere in atto una strategia di collaborazione tra i soccorritori con la presenza di un supervisore nominato dalla Prefettura – ha spiegato il volto noto di ‘Quarto Grado’ –. Un coordinatore che possa avvalersi di una squadra formata da personale selezionato da RIS e Polizia scientifica con incarico esclusivo».

Fondamentale per Garofano è anche l’apporto di specialisti presenti nel territorio, da individuare a cura degli ordini professionali tra psichiatri, ingegneri, informatici, geologi, esperti di droni e altri professionisti. Infine da non trascurare il supporto psicologico ai familiari.

Proprio i familiari sono i portatori di ferite difficilmente rimarginabili. Sgomento, angoscia, frustrazione e ansia sono alcuni degli strascichi profondi che segnano le vite sospese di parenti e amici. La psichiatra Alessandra Nivoli ha evidenziato come in questi soggetti si riscontri una deformazione nella percezione del tempo, dovuta all’incertezza costante sull’aspettativa di riabbracciare o meno la persona cara.

Tutto ruota tutto attorno a questa incertezza, ben espressa nel corso del convegno attraverso due toccanti testimonianze. La prima di Roberto Manca, il cui padre Guido è scomparso nel nulla nel 2017 dopo la fuga da una struttura sanitaria di Ploaghe. La seconda di Giuseppe Angioni, caposquadra dei vigili del fuoco, il cui fratello Salvatore è sparito nel nulla a Sestu in pieno lockdown sanitario, e per questo non è mai stata avviata una vera campagna di ricerca.

Ma cosa succede nella mente di chi scompare? «Difficile dirlo – ha spiegato Nivoli – in quanto il comportamento umano non è deterministico e razionale, ma frutto delle emozioni del momento e può nascondere problematiche di natura psichiatrica, culturale, sociale, economica. Sicuramente c’è dietro una storia di solitudine già presente prima della scomparsa».

E se è vero che in Sardegna i numeri non sono più preoccupanti di altre regioni, è anche vero che nell’isola la maggior parte dei soggetti spariti e formata da anziani, persone vulnerabili affette da demenza senile, Alzheimer o altre patologie psichiatriche. Al proposito un ultimo appello alla prevenzione è stato lanciato da Piscitelli, che è presidente dell’associazione Penelope Onlus: fornire a questi individui un braccialetto gps, in modo tale da rintracciarne la localizzazione nell’immediato in caso di necessità.

Il convegno, che può essere rivisto integralmente sulla pagina facebook di “Ammentu” (ha avuto oltre 5mila visualizzazioni in diretta), rientra nell’ambito della più ampia cornice del progetto “Missing-Misure” finanziato dalla Fondazione di Sardegna. L’iniziativa è realizzata in collaborazione con Endas Sardegna e il patrocinio dell’Università di Sassari, del Comune di Sassari, l’Acisf – Accademia Italiana di Scienze Forensi, l’Istituto Internazionale di Scienze Criminologiche e Psicopatologico Forensi, Penelope Italia Onlus e Associazione Regina Margherita Onlus.

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