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Una lottizzazione iniziata negli anni ’80, un quartiere in perenne attesa di collaudi, servizi e certezze. Il caso Monte Carru svela un intreccio di decisioni istituzionali controverse, errori procedurali e mancate tutele, lasciando famiglie e acquirenti in balia di un sistema incapace di garantire legalità e trasparenza.

Un quartiere “di pregio” nato su fondamenta instabili

Monte Carru oggi appare come un’elegante frazione collinare di Alghero, con vista su Capo Caccia e ville di alto valore sul mercato immobiliare. Ma dietro l’apparenza di ordine e tranquillità, la storia urbanistica dell’area rivela una sequenza ininterrotta di ritardi, fallimenti e irregolarità.

Già la classificazione iniziale della zona, come “F turistica” nel PRG del 1986, è oggi in netto contrasto con la configurazione attuale, marcatamente residenziale. Un cambiamento non formalizzato da un piano coerente, ma avvenuto di fatto, sotto la spinta di necessità commerciali e della volontà di salvare investimenti compromessi. È qui che prende forma la prima grande frattura: una divergenza tra destinazione urbanistica e sviluppo reale, mai chiaramente sanata.

Il paradosso delle proroghe: tra ambiguità e superamento dei poteri

Nel 1997 il Consiglio Comunale approva una proroga della convenzione urbanistica valida fino al 2000. Nel 2003, un atto notarile ne attesta una durata di soli tre anni. La discrepanza è palese. Quale delle due versioni è vincolante? E come si è potuto accettare che l’atto ufficiale sovvertisse la volontà espressa dal Consiglio?

Ma il punto più grave arriva con la Delibera di Giunta n. 350 del 2003, in cui l’organo esecutivo non solo prende atto della mancata stipula della convenzione, ma ordina direttamente la proroga dei termini di esecuzione delle opere.

Secondo i principi di diritto amministrativo, le proroghe sostanziali in materia urbanistica competono al Consiglio Comunale, in quanto modificano piani regolatori, convenzioni e impegni fondamentali tra pubblico e privati. La Giunta, in questo caso, avrebbe agito ultra vires, andando oltre i propri poteri istituzionali. Una forzatura che pone seri dubbi sulla validità degli atti successivi e sulla trasparenza dell’intero iter.

A confermare la gravità del quadro, vi è anche un documento di compravendita prodotto in sede notarile, che attesta esplicitamente lo stato incompleto delle autorizzazioni urbanistiche e infrastrutturali all’epoca della firma. Un riconoscimento, nero su bianco, delle criticità non sanate che avrebbero dovuto impedire la conclusione regolare delle vendite.

Collaudi infiniti, acqua assente e famiglie ostaggio di una burocrazia cieca

Tra il 2013 e il 2021, l’amministrazione ha faticosamente portato avanti il collaudo tecnico-amministrativo delle opere di urbanizzazione. Una sequenza di determinazioni dirigenziali che si è trascinata per quasi un decennio, mentre le famiglie continuavano a vivere in immobili privi di servizi essenziali, primo fra tutti l’approvvigionamento idrico.

Ancora nel 2024, una diffida segnalava tre elementi allarmanti:

le infrastrutture idriche risultavano intestate a privati,

mancava un certificato definitivo di collaudo,

persisteva una carenza strutturale di acqua potabile.

Nel marzo 2025, i residenti del condominio Vista Blu – parte del complesso Monte Carru – hanno inviato una diffida formale alla pubblica amministrazione, chiedendo chiarimenti urgenti sulla legittimità di alcune acquisizioni patrimoniali e denunciando la mancanza di acqua potabile. Nella diffida si contesta l’origine poco chiara di alcuni beni comuni, come pozzi e impianti idrici, e si solleva il dubbio che la loro acquisizione da parte del Comune sia avvenuta in modo improprio e senza la necessaria trasparenza. La richiesta è semplice e drammatica: sapere da chi dipendono le infrastrutture e quando sarà garantita acqua potabile per uso domestico e igienico.

Il risultato? Un quartiere formalmente residenziale ma, di fatto, incompleto e legalmente incerto. Gli acquirenti, molti dei quali entrati in possesso delle abitazioni con regolare compravendita, si sono ritrovati senza tutele né interlocutori. Chi tutela il cittadino quando lo Stato, per anni, non riesce a garantire neppure l’acqua?

L’intervento tardivo e la normalizzazione mancata

Nel 2018, il complesso viene acquistato da Botticelli Immobiliare Srl, che investe circa 30 milioni per riqualificarlo. È il primo passo verso una stabilizzazione del quartiere. Ma i problemi amministrativi restano. Solo nel 2023 il Comune approva formalmente l’acquisizione delle opere di urbanizzazione, e solo nel 2025 è prevista la trasmissione ad Abbanoa e all’ente di governo idrico.

Un passaggio fondamentale, sì, ma tardivo. E non privo di incognite: alcune infrastrutture risultano ancora intestate a soggetti privati, il che potrebbe rallentare ulteriormente la presa in carico e l’attivazione dei servizi pubblici.

Nel frattempo, il mercato immobiliare fiorisce: ville a 400mila euro, strutture ricettive da 1 milione, mentre il quartiere continua a essere parzialmente privo di servizi certi. Una normalizzazione solo apparente, che non cancella la storia travagliata del quartiere.

Calabona, stesso schema: irregolarità al contrario

Il caso Monte Carru non è isolato. Anche nella lottizzazione “Scognamillo e più”, in zona Calabona, si registrano discrepanze procedurali, ma con un esito opposto: in quel caso, a essere penalizzati sono stati i lottizzanti, colpiti da decisioni interpretative che hanno frenato lo sviluppo e rallentato i passaggi amministrativi.

Due contesti differenti, una costante comune: l’assenza di una linea chiara e trasparente da parte dell’amministrazione, che ha finito per disattendere gli impegni presi con chi, legittimamente, ha investito nel territorio.

Monte Carru come monito: serve un cambio di rotta

Il lungo percorso di Monte Carru è una metafora delle fragilità dell’urbanistica locale: decisioni confuse, ruoli istituzionali travisati, controlli mancati, colpe mai riconosciute. È anche la prova di come una gestione pubblica opaca possa compromettere la vita privata di centinaia di cittadini, lasciati soli in un limbo legale e infrastrutturale.

L’acquisizione comunale delle opere prevista per giugno 2025 sarà sufficiente a risolvere tutto? Oppure serviranno nuove battaglie per garantire che finalmente diritto, regole e realtà coincidano?

E voi, lettori, ritenete accettabile che nel 2025 esistano ancora quartieri con case vendute senza acqua, collaudi in sospeso e delibere che aggirano le competenze consiliari?

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