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DISSESTO IDROGEOLOGICO – In Sardegna oltre 2.300 chilometri quadrati
di territorio a rischio frane e alluvioni. Calano i fondi dello Stato
per prevenzione, messa in sicurezza e ripristino. Matzutzi (Presidente
Confartigianato): “Isola troppo vulnerabile: necessari stanziamenti
per difendere popolazione, imprese e infrastrutture”.

Ben 2.343 chilometri quadrati di territorio sardo devono fare i conti
con frane e alluvioni. Il 9,7% della superficie della Sardegna,
quindi, è a elevato rischio frana e/o media pericolosità idraulica.
Tale situazione comporta come 338 Comuni dell’Isola, l’89,7% dei 377
totali, nei loro territori abbiano aree caratterizzate da un’elevata o
molto elevata pericolosità da frana o da una media pericolosità
idraulica. In queste aree, di conseguenza sono a rischio 138.179
abitanti, 58.228 edifici, 10.701 attività produttive, 28.674 addetti e
684 beni culturali.

I numeri emergono dall’ultimo rapporto dell’Ispra sul Dissesto
idrogeologico in Italia (dati 2017), elaborati dall’Ufficio studi
Confartigianato Sardegna, in base al quale, pochissimi Comuni isolani
possono ritenersi al sicuro dalle conseguenze degli eventi naturali.

“Dopo le tragedie in termini di vite umane, e dopo i disastri che
hanno colpito infrastrutture ed edifici, soprattutto nell’ultimo
decennio – commenta Antonio Matzutzi, Presidente di Confartigianato
Imprese Sardegna – ogni anno nella nostra regione torna d’attualità il
tema della lotta contro il dissesto idrogeologico”.

Entrando nello specifico dei dati della Sardegna, per ciò che riguarda
la pericolosità delle frane, secondo i 4 gradi di pericolosità (dal
più basso al più elevato), le aree a rischio coprono una superficie di
5.411 chilometri quadrati, circa il 22,5% dell’intero territorio. Di
questi, 1.498 chilometri quadrati sono a rischio elevato e molto
elevato. Per ciò che riguarda la pericolosità idraulica l’area a medio
rischio corrisponde a una superficie di 857 chilometri quadrati, il
3,6% dell’intero territorio regionale.

Gli altri indicatori presi in considerazione dall’analisi dicono come
la Sardegna conti 12.250 edifici esposti a pericolo elevato e molto
elevato di frane (il 2,0% del totale) e 41.978 edifici minacciati da
rischio alluvione di grado medio (il 6,9%).

Si contano poi 1.346 imprese a rischio frane (l’1,1%), ben 9.355
quelle a rischio idraulico di media intensità (l’8,0%). Infine, per
ciò che riguarda i beni culturali, quelli minacciati dal rischio frane
elevato e molto elevato sono il 5,7% (292). Sono ben 392, invece,
quelli esposti a un medio rischio idraulico (il 7,7% del totale)

“Sulla base di questo rapporto – continua Matzutzi – sarebbe opportuno
realizzare e gestire la manutenzione delle opere pubbliche necessarie
per difendere famiglie, imprese e patrimonio culturale da frane e
alluvioni”. “Purtroppo, però, s’investe sempre meno in prevenzione,
messa in sicurezza e ripristino – sottolinea il Presidente – nel corso
degli ultimi anni, infatti, l’economia italiana ha registrato una
caduta degli stanziamenti pubblici, situazione che rende il territorio
più vulnerabile alle conseguenze dei cambiamenti climatici come ogni
volta, purtroppo, viene evidenziato dopo gli effetti disastrosi delle
ondate di maltempo”.

La conferma arriva da una recente analisi di Confartigianato sulla
spesa nazionale per investimenti contro il dissesto. Questa è passata
da 49,9 miliardi di euro del 2010 (valutata in media triennale) a 35,4
miliardi di euro del 2017, con una riduzione del 14,5 miliardi, pari
al -29,1%. Nel confronto internazionale è ultima in UE per peso degli
investimenti pubblici sul PIL.

Una soluzione auspicabile, come messo in evidenza dall’Associazione
Artigiana, sarebbe quella del rafforzamento dei maggiori investimenti
pubblici pari allo 0,2% del PIL nel 2019 e allo 0,3% nel 2020 e 2021
previsti dal disegno di legge di bilancio 2019, correggendo quindi lo
sbilanciamento sulla maggiore spesa corrente. Un’analisi dei dati
Eurostat evidenzia come le perdite economiche per disastri naturali
siano ingenti e tra il 1980 e il 2016 in Italia valgano 1.072 euro pro
capite, il 25,8% in più della media UE di 852 euro.

Senza contare che proprio da quella Ue per molti considerata
“matrigna”, secondo i dati del ministero per la Coesione, si sarebbero
dovuti utilizzare 1,6 miliardi di euro, in 14 anni, nell’ambito dei
programmi Fesr 2007-2013 e 2014-2020, ma l’Italia ne ha spesi appena
il 20%. Stiamo parlando di circa 700 interventi presentati dalle
regioni italiane per la messa in sicurezza del territorio di cui
conclusi appena 333, meno della metà, per un ammontare di pagamenti
ricevuti che si aggira sui 320 milioni di euro.

“Dimostriamo ancora una volta di essere incapaci a spendere – conclude
Matzutzi – se si guarda alle risorse stanziate nel vecchio Fesr e a
quelle programmate fino al 2020, l’Italia ha a disposizione entro
quella data 1,6 miliardi di fondi europei e in sostanza, siamo a poco
meno del 20% del loro utilizzo. Fondi che dovrebbe interessarci, a
maggiori ragione, visto lo stato dei nostri conti pubblici e la
possibilità di richiesta a Bruxelles di non considerare queste spese
nel calcolo del deficit”.

Per Confartigianato Sardegna, quindi, risultano fondamentali non solo
efficaci sistemi di allertamento ma anche e soprattutto una corretta
pianificazione territoriale, interventi strutturali, manutenzione e
buone pratiche anche in campo agricolo e forestale, fondamentali per
la mitigazione del rischio idrogeologico, in un’ottica di salvaguardia
della sicurezza delle persone e delle realtà produttive. Anche su
questi argomenti, l’Associazione Artigiana alla prossima Giunta
Regionale, e al prossimo Consiglio, presenterà numerose proposte.

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