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Nella comunicazione e nel dibattito pubblico non vi è più spazio per commentare e riflettere su una giornata nerissima che ha coinvolto la generazione adolescente di Milano. Tre, dicesi tre, ragazzini si sono buttati dalla finestra lunedì scorso in concomitanza con le aperture della scuola. Non ho ricordi che in una grande città ci fosse questa funerea coincidenza per numero ed età dei ragazzi che hanno posto in essere simile gesto.

Adolescenti come tanti altri, brulicanti in una città come Milano che pare, a giudicare dalla campagna elettorale, essere incapace di curarsi del fatto che vi sono fatiche, spesso incomprensibili e non leggibili dagli stessi genitori, che spingono i nostri ragazzi ben oltre una soglia tollerabile di dolore. Da tempo gli operatori dei servizi che si occupano di neuropsichiatria infantile denunciano un perenne e stabile stato di emergenza legato agli agiti suicidari. A forme di autolesionismo che vanno ben oltre le incredibili, agli occhi di un adulto, sfide competitive legate a qualche gioco estremo. Da tempo questi operatori gridano al vento la loro resa di fronte a fenomeni che per dimensione numerica e difficoltà organizzative pare averli sopraffatti.

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